Mia figlia ha due anni e a casa è sempre sorridente allegra e dispettosa ma quando, sia a casa sia fuori, incontriamo qualcuno che non conosce o che non vede da un po' di tempo diventa seria seria si isola, insomma fa proprio la classica bambina antipatica. Inoltre, se si trova con qualche altro bambino che non gli va a genio, diventa un po' aggressiva e non ci vuole giocare. Non so cosa fare per aiutarla a farle capire di non aver paura degli altri e di giocare e ridere senza vergogna. A me dispiace di vedere gli altri che pensano che mi figlia è odiosa quando in realtà non lo è affatto. Ho sbagliato io qualcosa? Cosa posso fare?

I bambini che si comportano come la sua bambina non sono assolutamente "antipatici" o "odiosi", ma semplicemente timidi. Diciamo prima di tutto che all'età della sua bimba è ancora presto per parlare di timidezza vera e propria. Infatti a due anni di età i bambini stanno ancora portando a termine la fase nota come separazione-individuazione caratterizzata dall'interesse crescente verso il mondo esterno e gli altri, ma anche dalla paura dell'allontanamento dalle figure primarie di riferimento e dalla mancanza di cornici interpretative adeguate per molte situazioni sociali.

L'altro che non sia il genitore rappresenta spesso una sfida importante per il bambino. Per affrontare questa sfida si ha bisogno, prima di tutto, di una base sicura da cui partire e a cui tornare (il genitore che accoglie, non giudica, attende e conforta) e poi di un sentimento di sicurezza nelle proprie capacità, che si acquista passando del tempo assieme agli altri (la voglia di giocare vien giocando!) e di sicurezza verso l'ambiente circostante.

L'insicurezza nelle proprie capacità può indurre la timidezza, l'isolamento e il ritiro dal gioco, mentre la paura dell'ambiente può indurre una reazione aggressiva. Ecco perché timidezza ed aggressività possono essere considerate un modo di preservarsi da esperienze potenzialmente spiacevoli. Forse i problemi maggiori dei bambini timidi sono proprio quelli legati all'accettazione o al rifiuto di questo modo di essere da parte del mondo circostante e, di conseguenza, del bambino stesso.

Comportamenti di incoraggiamento eccessivo, di rimprovero e di critica, di ansia e preoccupazione possono a lungo andare incidere sull'autostima del bambino, sulla sua sensazione di essere accolto e accettato per quello che è e renderlo maggiormente insicuro, rafforzando indirettamente i comportamenti timidi e/o aggressivi. Per concludere cerchiamo di rispondere alla domanda "Che cosa fare?"

La cosa più importante è sicuramente (e non solo per la timidezza!) fare sentire il bambino sempre amato e accettato per quello che è. È bene elogiare i suoi sforzi di apertura verso gli altri e la manifestazione di comportamenti prosociali; enfatizzare piccole difficoltà molto spesso le ingigantisce e quindi le peggiora.

Allo stesso tempo, dal momento che i bambini timidi hanno spesso difficoltà ad esprimere i loro sentimenti negativi quali la paura, la rabbia e talvolta l'odio, è fondamentale insegnare loro a gestire l'aggressività, a tirarla fuori e a comunicare, mano a mano, le proprie emozioni. Sul versante "ambiente", invece, è importante che il genitore dia al bambino un'immagine positiva dell'ambiente, non paurosa e non enigmatica.

Invitate e frequentate amici e fornite al bambino un contesto ricco di scambi sociali, salutate i vicini di casa quando li incontrate e manifestate apertamente i vostri sentimenti al bambino e a chi vive vicino a voi, facendo molta attenzione alla gestualità (baci, abbracci, ecc.) che è per i bimbi più facilmente comprensibile.

Più in là nel tempo (diciamo almeno verso i due anni e mezzo), si possono proporre al bambino dei giochi con degli obiettivi di socializzazione: si metterà una croce (o qualunque altro simbolo che piaccia al bambino), per ogni comportamento o parola di avvicinamento spontaneo agli altri e per ogni comportamento non aggressivo o non ostile: arrivati a cinque (o a dieci se siamo più grandi) si avrà un premio.

Piano piano i comportamenti prosociali non avranno bisogno di alcun premio esterno. Attenzione però! Anche questo è e deve rimanere solo un gioco: non si devono innescare sensi di colpa o di sottostima di sé quando questi comportamenti non vengono prodotti. Sappiate sempre anche che, siccome siamo tutti (fortunatamente) diversi, il gioco potrebbe non piacere o potrebbe non dare i risultati previsti.

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