Le prime cure al bambino iniziano appena nasce. È un momento molto bello, ma carico anche d' ansie e preoccupazioni. È così adesso, in pieno progresso scientifico e tecnologico, ma pensiamo, per un momento, alle donne di tanto tempo fa...
Il compito di allevare il bambino e di occuparsi della sua salute era affidato alla madre con il solo aiuto, nei primi mesi di vita, della levatrice. 
Si osservavano scrupolosamente comportamenti, rituali, formule, prescrizioni tramandate per generazioni, di madre in figlia, tutto ciò condito da superstizioni e false credenze. 
Le società antiche, indifese davanti alla malattia e alla morte, sempre in agguato e contro le quali non si poteva fare molto, cercavano in tutti modi protezione e sicurezza contro l'ignoto. 
Allora ci si rivolgeva alle divinità per ogni momento della vita quotidiana; una schiera di dei e di dee si mettevano al servizio del bambino appena nato, accompagnandolo in tutte le sue tappe di crescita fisica e psichica. 
A fare compagnia all'uomo cristiano venivano invocati tutti i santi del Paradiso, ma soprattutto i santi protettori e guaritori. 
Una mano dal cielo per poter sopravvivere.
I primi precetti di igiene e di allevamento del bambino risalgono all'antica Roma: Sorano di Efeso (98-138 d. C.), medico greco di grande fama, sorprende per la modernità e per la praticità dei suoi insegnamenti di puericultura che verranno seguiti e copiati da autori successivi in modo pressoché inalterato fin quasi al Rinascimento.

B come Bagnetto

Subito dopo la nascita il bambino era sottoposto al suo primo bagnetto, un momento molto importante e particolare, perché, fin dalla notte dei tempi, aveva assunto una valenza simbolica. 
A seconda delle varie credenze e religioni, alla semplice acqua venivano aggiunti altri elementi, come acqua di mare, oppure sale, latte, rosso d'uovo, olio di rosa o miele, vino con lo scopo di purificare il bambino, appena uscito dall'utero materno. Si arrivava addirittura a suggerire urina di bambino!
Il medico greco Sorano sconsigliava vivamente l'uso di immergere il bambino appena nato nell'acqua gelata al fine o di temprarlo ed irrobustirlo o di farlo morire, perché debole ed inadatto allo sviluppo. 
Egli non approvava neppure la consuetudine di detergere la pelle infantile con vino, urina, oppure con polvere di mirto o di quercia; proponeva, invece, di cospargerlo soltanto con sale finissimo e acqua tiepida. 
In seguito il bambino doveva essere lavato almeno una volta al giorno e, se necessario, anche due con acqua moderatamente calda. 
C'era però qualcuno, nel 1500, che si sdegnava con le madri non tanto per il numero dei bagnetti, ma per il metodo di pulizia: i bambini venivano lavati... con la saliva! 
Comunque, al di là delle varie usanze o credenze, la questione che andò avanti per secoli e che appassionò i medici era se fosse più corretto l'uso dell'acqua calda o fredda, entrambe come rimedio salutare al quale il bambino doveva abituarsi fin dalla primissima età. 
Più numerosi furono i pareri contrari all'uso dell'acqua troppo fredda: si diceva che molti bambini fossero rimasti vittima, in inverno, dei battesimi somministrati con immersioni in acqua gelida.

C come Culla

Nell'antica Roma il neonato era sistemato nella sua culla e protetto dalla dea Cumina (cuma: culla).
È ancora il greco Sorano che parla: "Il bambino deve vivere in una camera moderatamente riscaldata, senza odori e senza luce troppo intensa. La culla deve essere concava e non troppo morbida per evitare la colonna vertebrale del bambino ed il suo collo si incurvino. È molto importante una corretta sistemazione della testa. Il bambino deve dormire soltanto nella sua culla".
L'arte ci propone, attraverso i dipinti, tanti tipi di culle dalle più preziose in legno intarsiato, alle più povere in giunco intrecciato.
Per ragioni pratiche la culla veniva collocata in posizione sopraelevata o addirittura sospesa al soffitto, ma nella maggioranza dei casi poggiava direttamente a terra, anche se esisteva il timore di aggressioni da parte di animali.
Era generalmente dotata di traversine laterali che permettevano il dondolio e di un sistema di cinghie per proteggere il bambino da eventuali cadute. 
Nel 1700 molti medici, che incominciavano ad occuparsi di allevamento e cura dei bambini, pensavano che fosse sconsigliabile cullare i bambini perché poteva stordirli, causare una cattiva digestione, creare problemi al loro "tenero cervello".
Ci si doveva soltanto limitare ad un dolce dondolio. 
La culla veniva conservata ed utilizzata di generazione in generazione e prima della nascita del bambino non doveva essere né preparata né dondolata. 
Per allontanare il malocchio e le influenze avverse spesso era verniciata con colori scaramantici, come il rosso e addobbata con oggetti di protezione come il corno, il fiocco oppure le immaginette dei santi.

F come Fasce

Partiamo sempre dai consigli antichi del grande medico Sorano: "Mettete intorno ai fianchi del neonato una fascia di lana abbastanza lunga e tale da potere avvolgere tutto il suo corpo. Porrete le braccia lungo il corpo e ravvicinate fra loro le ginocchia e i piedi interponendovi un panno di lana. Quindi avvolgere il bambino il bambino con una fascia più larga, coprendogli anche la testa con un panno di lana. 
Il bambino dovrà essere fasciato fino al 40°-60° giorno dopo la nascita; successivamente si comincerà a lasciargli liberi prima la mano destra, poi la sinistra, poi i piedi"..

La stessa tecnica verrà usata fino all'inizio del 1900. Ma dal 1700 si levarono molte proteste di medici ed educatori, in particolare da parte di Jean Jacques Rousseau, contro la tortura delle fasce. 
Ma ciò non convinse le madri a rinunciare alla fasciatura: era importante per loro mantenere caldo il corpo del bambino, ma soprattutto correggere e raddrizzare le sue membra, per paura di malformazioni.
Le fasce inoltre rendevano più semplici le attività domestiche e lavorative materne; infatti i bambini erano trasportati come fagotti e addirittura appesi a dei chiodi e così abbandonati per il tempo che occorreva alla madre a svolgere le sue mansioni. 
Il lattante rimaneva fasciato dalla nascita sino al momento in cui imparava a camminare, ma a mano a mano che cresceva le fasce si riducevano: i bambini piccolissimi erano fasciati completamente dalla testa ai piedi, a sei mesi venivano slegate le braccia, intorno all'anno venivano finalmente liberate le gambe. 
I bambini, oltre a sopportare questa tortura, erano anche colpiti da varie malattie della pelle, causate dalla mancanza quasi totale di igiene corporale.

N come Nascita

La donna, durante il parto, era solitamente assistita da una levatrice, ma attorno a lei si avvicendavano molte donne, vicine di casa, parenti, semplici amiche che compivano azioni e gesti di antica consuetudine. 
La scena, come viene rappresentata nelle opere d'arte, prevedeva un camino acceso per scaldare pentole d'acqua calda e per asciugare panni bagnati, una tinozza e un catino pieni di acqua per immergere il bambino subito dopo la nascita per una bagno di pulizia e di purificazione, un letto riccamente addobbato oppure un semplice giaciglio sul quale la donna potesse riposarsi e un tavolino sul quale appoggiare la scodella di brodo che tradizionalmente veniva offerta alla puerpera per rinfrancarsi insieme ad acqua, a vino, a frutta, pancotti e ribollite. 
La donna doveva nutrirsi e mantenersi in forze in vista dell'allattamento, suo compito primario. 
Le famiglie abbienti possedevano un vasellame speciale per l'occasione, appositamente decorato con soggetti attinenti all'evento.
Dopo il bagnetto la levatrice ispezionava tutto il corpo del bambino, tagliava il cordone ombelicale, recideva il frenulo, plasmava la testa, il naso, le membra e i capezzoli, controllando in seguito gli orifizi. 
Il bambino, che presentava qualche difficoltà, veniva frizionato e scaldato mediante bagni di vino caldo oppure inalazioni di forti odori. 
Quando il freddo era intenso si aumentava la temperatura dell'ambiente ponendo attorno al neonato recipienti di acqua calda, avvolti in panni di lana.

O come Ombelico

Appena nato la dea romana Intercidona sovrintendeva alla delicata operazione del taglio del cordone ombelicale
Dopo aver tagliato il cordone ombelicale lo si doveva cospargere di sale o di schiuma di nitro oppure con miele ed olio nei quali fossero stati sciolti i sali. 
Quindi doveva essere ricoperto con un pezzo di stoffa imbevuta di olio fermato da una fascia che girava intorno alla vita. 
Quando dopo tre o quattro giorni dalla nascita, il cordone ombelicale cadeva, si doveva aspergere la cicatrice con polvere di piombo: inoltre per permettere la formazione corretta della cavità dell'ombelico, era necessario applicarvi una rondella di piombo. Così gli insegnamenti dell'antica Roma.
Si trattava di una operazione molto delicata: dal Medioevo le levatrici utilizzarono le forbici, portate sempre appese ai loro grembiuli, che diventarono così il simbolo del loro mestiere. 
Durante l'operazione si tagliava il cordone e lo si annodava in modo da creare l'ombelico, poi prima di tagliarlo dalla madre, lo si annodava una seconda volta. Ecco cosa consiglia Trotula, una donna sapientissima, non sappiamo se medico o levatrice, che visse nel Medioevo: "Recidere il cordone ombelicale a quattro dita dal ventre, e più attentamente ai maschietti poiché in proporzione sarà lo sviluppo del pene".

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