L’anno scolastico è un’avventura che non ripete ogni anno gli stessi copioni. Sì, libri, zainetti, professori, scuola, famiglie in attività, ma ogni situazione è nuova, ognuno cambia un po’, sia adulti che ragazzi, quindi è diverso anche il modo di vivere le stesse esperienze. L’ambiente scuola e il mondo dello studio sono occasione di contatti e relazioni molteplici.

Come sono stati i rapporti lo scorso anno? Come si sono conclusi? I ragazzi come hanno vissuto i primi mesi di questo anno scolastico? Possiamo migliorare il gioco di squadra tra genitori, figli e insegnanti per raggiungere insieme nuovi obiettivi e ottenere risultati personali soddisfacenti.

Non possiamo modificare i programmi scolastici, né migliorare la scuola in generale o influire sugli stili e i metodi di insegnamento, possiamo poco anche sul carattere delle persone, giovani e adulti. Invece sì che possiamo giocare bene le carte della fiducia e dell’autorità.

Oggi il termine autorità è poco popolare perché molti lo associano a costrizione. L'origine della parola suggerisce il contrario: la parola latina auctoritas deriva dal verbo augere, che significa incrementare, far crescere.

L'incontro con un'autorità autentica migliora la persona piuttosto che scoraggiarla o deprimerla. (J. Burggraf).  Per il sociologo Marcel Gauchet l’autorità si basa soprattutto sul rapporto di fiducia tra l’insegnante e i suoi allievi.

Offrire e dimostrare fiducia ai genitori, ai ragazzi, agli insegnanti. Guardare e parlare all’altro non per chi è in quel momento, ma proiettandosi con lo sguardo a chi può diventare, una persona migliore, anche grazie al nostro incoraggiamento.

Non con frasi scontate e meccaniche, ma con atteggiamenti e parole che trasmettono calore umano e speranza. Le regole del gioco, per il bene di tutti. Poi le “regole del gioco”, tra genitori e figli, tra insegnanti e famiglie. Sono necessarie per sostenere l’autorità in funzione del bene di tutti.

“Il pranzo in casa nostra inizia alle 13.30 e tutti cerchiamo di essere puntuali”. Ecco fatta una piccola regola di famiglia. E’ una conclusione. Prima ci sono state consultazioni, discussioni, valutazione degli orari di papà, mamma, figli, scuole, mezzi pubblici.

Inoltre si sono considerati i benefici di pranzare tutti insieme, vedersi, parlarsi, ascoltarsi a vicenda. Tutti d’accordo? Bene, ci diamo questa regola. Chi arriva in ritardo non sarà squalificato, però dovrà giustificarsi e scusarsi con gli altri. Anche papà e mamma si adeguano e si scuseranno con gli altri se arriveranno in ritardo.

Chi comanda in famiglia?

Un’altra situazione. Termina il pranzo, un po’ di chiacchiere e relax, qualche gioco. Poi lo studio. “E’ ora di iniziare a studiare, Flavio…”. Richiamo a una consuetudine consolidata, comando implicito a lasciare il gioco per iniziare l’altra attività.

Il valore e l’efficacia di questo richiamo dipendono da vari aspetti. Se anche in questo caso si tratta di un orario ragionato e concordato, ci saranno meno problemi. Chi dà il la? Il papà o la mamma? Se loro due si sono messi d’accordo e hanno ragionato con Flavio e lo hanno abituato a quell’orario, è indifferente.

Il papà lo dirà con il suo stile, la mamma con un altro, la sostanza non cambia.

 

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