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L'epatite C è una malattia del fegato ed è la prima causa di malattie epatiche croniche nel mondo. Diagnosi e rischi.
E' una malattia del fegato causata dal virus dell'epatite C. Prima era chiamata epatite nonA, nonB e l'esistenza di questo virus è stata ipotizzata intorno alla metà degli anni 70; tuttavia solo nel 1989 si è reso disponibile un test specifico per valutare la presenza degli anticorpi di questo nuovo virus nel sangue. Prima la diagnosi era formulata per esclusione degli altri virus conosciuti.
La via principale è quella sanguigna o percutanea (punture con aghi contaminati , con iniezioni, tatuaggi, agopuntura ecc.e fino al 1990 molto frequentemente attraverso le trasfusioni). Assai più rara la via sessuale o alla nascita da madre portatrice del virus.
L'epatite C è la prima causa di malattie epatiche croniche nel mondo (3-4%): ne sono affette quindi circa 200.000.000 di persone e il loro numero è in incremento.
Le aree dove la forma è più frequente comprendono l'area Mediterranea, il Nord Africa, l'America Centrale e del sud. In Italia sono portatori del virus circa 1.500.000 di persone.
Forme acute: in oltre il 90% dei casi decorre senza sintomi e solo in una piccola percentuale il paziente presenta ittero (colorazione gialla delle sclere e della cute), notevole stanchezza, disturbi digestivi, ecc. Nell'80% dei casi il virus non viene eliminato. Il periodo di incubazione varia da 15 giorni a quattro mesi.
Epatite fulminante nella quale il fegato può venire completamente distrutto e porta spesso a morte il paziente nel giro di pochi giorni se non viene eseguito un trapianto urgente .E'assai rara con relativa maggiore frequenza nei soggetti in età matura.
Forme croniche: Se il soggetto non elimina il virus entro 6 mesi dall'infezione è da considerare cronicamente infetto. Può non avere segni di malattia (transaminasi costantemente normali) oppure in altri casi il virus continua il suo attacco al fegato con ripetuti o continui episodi di infiammazione che possono in anni condurre alla cirrosi o al tumore epatico.
L'unico modo è determinare la ricerca dell'anti HCV (anticorpi contro il virus dell'epatite C) . Si tratta di anticorpi non protettivi e quindi, in questo caso la loro presenza non significa , come per la maggior parte degli altri anticorpi, guarigione della malattia, ma in genere presenza del virus. Per determinare con certezza la reale presenza del virus si esegue il test dell'HCVRNA.
Altri test che vengono utilizzati soprattutto per valutare l'opportunità di trattare o meno il paziente sono la determinazione del genotipo virale e la quantità (carica virale) di virus presente nel sangue del paziente.
Esiste il rischio in anni di evolvere verso la cirrosi. Si stima che ciò possa avvenire in 20 anni in circa il 20% delle persone infettate. La cirrosi infine può evolvere verso il cancro del fegato in una percentuale del 3-4% all'anno.
Seguendo il soggetto con attenzione ripetendo sovente il test delle transaminasi, oltre ad altri esami che valutino la funzione del fegato (livelli di albumina, colinesterasi, attività protrombinica, ecc.). Soggetti con costantemente valori normali di transaminasi e senza alterazioni della funzione epatica negli anni è assai verosimile non abbiano una malattia progressiva. Al contrario chi ha esami modificati ha una forma di epatite più o meno evolutiva.
Importante poi è l'ecografia del fegato ed infine la biopsia che evidenzierà l'attività infiammatoria presente nell'organo e potrà anche valutare la presenza di fibrosi epatica.
Certamente no. Bisogna valutare l'età del paziente, l'attività e quindi l'evolutività della malattia, le probabilità che ha di rispondere al trattamento (cosiddetti fattori predittivi di risposta). A volte si può fare un tentativo terapeutico : se non si ha una risposta entro 2-3 mesi o se gli effetti collaterali sono importanti la terapia verrà sospesa.
La terapia dell’epatite C si basa oggi sull’impiego dell’interferone e della ribavirina.
Lo scopo del trattamento è quello di eliminare il virus in modo da ridurre l’infiammazione e la fibrosi epatica e, in ultima analisi, evitare l’eventuale evoluzione verso la cirrosi e il carcinoma.
La risposta alla terapia si definisce come:
Fino al 1999 il trattamento consisteva nella somministrazione del solo interferone a vari dosaggi per 3 volte alla settimana per 6 o 12 mesi. Le risposte sostenute variavano dal 10 al 20% .
Dal 1999 si è aggiunta all’Interferone la Ribavirina con netti miglioramenti della risposta sostenuta che è salita al 41% (29% per il genotipo 1 e a oltre il 60% per il genotipo 2 e 3).
La recente commercializzazione degli Interferoni coniugati con polietilenglicole (peghilazione) ha ulteriormente migliorato l’attività terapeutica del farmaco. La peghilazione rallenta l’assorbimento e l’eliminazione del farmaco; ciò consente la somministrazione settimanale.
Attualmente sono in commercio due Interferoni Peghilati:
I due farmaci non sono sovrapponibili, in quanto il primo ha una struttura lineare con minore peso molecolare (emivita 33 ore), il secondo una struttura ramificata con maggiore peso molecolare (emivita 77 ore).
Gli studi controllati su ampia casistica hanno dimostrato:
Pertanto la terapia attuale nei pazienti affetti da epatite C, mai trattati precedentemente o che hanno presentato relapse dopo terapia con il solo Interferone o Interferone + Ribavirina è la seguente:
associati a
Nei genotipi non-1 la Ribavirina può essere ridotta a 600-800 mg/die e la durata della terapia essere limitata a 6 mesi.
Con questo nuovo trattamento si raggiunge una risposta sostenuta nel 45-50% dei casi nel genotipo 1 e nel 75-80% nel genotipo non-1.
Se l’HCVRNA non si negativizza o non si riduce di almeno 100 volte entro i primi 3 mesi, la terapia va sospesa, in quanto le probabilità di ottenere una risposta sostenuta continuando il trattamento variano dallo 0 al 3%.
Nel caso i pazienti non sopportino il trattamento con Interferone peghilato, questo può essere sostituito con interferone alfa leucocitario alla dose di 6 MU x3 volte/settimana per 12 mesi.
Attualmente non ci sono indicazioni terapeutiche approvate per i pazienti non responsivi a precedenti trattamenti.
A cura della Fondazione "Amici della Epatologia" (FADE) - www.assofade.org
19/1/2004
30/1/2017
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