Cara Rebecca certo che è normale che piangi, perché avere un figlio è una delle imprese più eroiche che si possano compiere, perché avere un figlio è un salto nel buio, è un tuffo in un’altra dimensione, perché avere  un figlio cambierà te e la tua visione del mondo, perché avere un figlio è una pazzia bella e buona, è un atto di amore e di egoismo, una vertigine di onnipotenza. Ma quando questo figlio arriva, minuscolo, inconsapevole e urlante, tu non sei l’eroina che avevi sognato, non sei la Lara Croft di Tomb Rider, belle invincibile e pronta a conquistare il mondo, anzi sei sfinita, hai la pancia molle, i punti ti tirano, un seno enorme da cui sgorga latte, gli ormoni impazziti e un marito/compagno/fidanzato con un sorriso ebete stampato sul viso. Cara Rebecca è normale che tu pianga, anzi è il minimo. Poi, però passa. Te lo prometto.

Mi colpisce molto questa risposta che una mamma sul web dà ad una neomamma alle prese con la nascita della figlia, è un’esclamazione umoristica, breve e semplice che però nasconde al suo interno una serie di implicazioni problematiche che cercherò brevemente di esporre.

L’attuale società ha creato il mito delle nascita perfetta. L’essere genitori è vista come la cosa più bella e più naturale di questo mondo, è il mito della donna a 360°, una donna attiva, frizzante che sappia ricoprire diversi ruoli: essere un amorevole madre, una compagna presente e premurosa e una realizzata lavoratrice.

Non è sempre facile però riuscire in questa impresa. Accanto alla felicità e alla gioia di essere diventati genitori ci sono i problemi, le ansie e le tensioni, questa nuova condizione infatti implica il mettersi di fronte alla “perdita” di uno status di libertà personale e ricreare un equilibrio magari faticosamente raggiunto; spesso le nuove responsabilità e l’impegno che le cure del bambino comportano, costituiscono un carico al quale i neogenitori risultano impreparati.

Innanzi tutto la nascita di un figlio è evento critico, in quanto modifica profondamente il legame coniugale e rappresenta una sfida della coppia, la quale attivando le proprie risorse personali e relazionali, deve affrontare il fatto di non essere più solo un tu e un io, ma di essere una mamma e un papà, rivestendo un ruolo che da quel momento e per tutta la vita non cesseranno mai di ricoprire.

In passato, quando il sistema familiare era caratterizzato dalla famiglia allargata, era la rete familiare femminile (nonne, zie, sorelle, vicine di casa ect.), che avendo un ruolo “guida”, si occupavano della neomamma offrendole un sostegno pratico, introducendola alla maternità e “insegnandole” il suo nuovo ruolo, oggi invece le relazioni famigliari sono contraddistinte da un forte individualismo che richiudono entro l’insicurezza e il disagio questa nuova condizione di mamma e di papà, causando anche problemi dalla non facile soluzione tra i coniugi che vivono diversamente questo momento.

A livello sociale poi, la scelta di mettere al mondo un figlio è responsabilità dei genitori che devono decidere se generare o non generare, inoltre devono essere in grado di valutare le conseguenze che questa scelta comporterà nella loro vita: una volta che hanno scelto se ne devono assumere tutte le conseguenze pratiche ed economiche, dal momento che niente e nessuno li ha indotti o costretti a mettere al mondo un figlio.

Il bambino diventa un valore, costituisce una realizzazione personale e per questo viene caricato di forti aspettative, investimenti economici e personali, che nella maggioranza dei casi ricadono sul figlio unico, (dati Istat 2003 famiglie con 1 figlio 45,8%), il genitore è sempre meno presente e sempre più insicuro riguardo al suo sapere, deve delegare il suo compito educativo alle diverse istituzioni preposte sul territorio con conseguenze non indifferenti riguardo al senso di colpa e l’incertezza sul proprio ruolo.

Il bambino diventa così il  centro di ogni attenzione, tutti (nonni e genitori) pronti ad assecondare i suoi desideri, si fatica a dare regole e a dire di  “NO”, si diffonde un modello inter-generazionale fondato sull’affettività, il permissivismo e l’iper–protezione, che porta intere generazioni alla soglia della maturità senza aver mai intercettato qualcuno che le ritenga responsabili delle loro azioni.

Materiale tratto dal sito web Doctor Home www.doctorhome.eu


 

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