Mio figlio di due anni e cinque mesi ha iniziato balbettare da un mese e mezzo. Era in un momento di forte "passione" per il linguaggio e la comunicazione e ogni giorno diceva parole e frasi nuove, anche se con qualche storpiatura (gli mancano ancora alcune consonanti). In un primo momento ripeteva le sillabe, soprattutto nei momenti in cui era più stanco o agitato. Negli ultimi 20 giorni il fenomeno ha avuto un andamento altalenante per poi ripeggiorare al ritorno a casa dopo una settimana di mare dove, nonostante avesse sentito molto la mancanza del padre che non è potuto venire con noi, aveva balbettato molto poco. È stato in questa circostanza che la ripetizione della sillaba si è trasformata nella cosiddetta balbuzie tonica con nell'incapacità di emettere alcun suono. Ho capito perfettamente che la cosa ha generato in lui un profondo smarrimento e, dal giorno successivo, ha smesso completamente di parlare e ha ricominciato a fare "versetti" da bimbo piccolo. Il silenzio è durato tre giorni; ieri sera ha ricominciato a dire qualche parola, ma con molta fatica. Preciso che ho da subito cercato di ignorare in sua presenza il problema, non l'ho mai interrotto o corretto. Sono molto preoccupata.

Gentile signora, il linguaggio del bambino, anche poco strutturato, è strumento efficacissimo di comunicazione. È segnale dell'animo e della psiche che in famiglia provoca reazioni talvolta inaspettate, come nel caso delle disfluenze evolutive. La preoccupazione di fronte ad esitazioni ed inceppamenti fonetici e verbali, la fatica sul volto di un bambino desta sicuramente una forte apprensione.

Confrontandomi da anni con le famiglie e con i vissuti d'impotenza di fronte alla fatica di un bimbo o di una bimba che non riesce a pronunciare la consonante iniziale o ripete più volte la stessa frase ho sempre ripetuto che la mamma e il papà sono attori fondamentali, "terapeuti" non formali, della progressione e della crescita del bambino. Il linguaggio è manifestazione di un equilibrio profondo, emotivo, ambientale, cognitivo, neurologico, relazionale. L'avvertimento di un "pericolo", reale o spesso solamente avvertito, richiede al bambino uno strumento (linguaggio) altrettanto forte, adeguato al disagio (reale o presunto) subito.

La domanda fondamentale per un genitore, in prima istanza, è chiedersi "come rispondo quando mio figlio esita?" Non lasciatevi intrappolare dai sentimenti d'impotenza: la preoccupazione non costituisce un vantaggio per il bambino e può precludere una serena comprensione di quella che, ancora a questa età si configura come disfluenza... come linguaggio a rischio (come preferisco indicare).

È frequente che il linguaggio in fase di rodaggio presenti difficoltà nella produzione di suoni, con il vocabolario quotidiano e con la strutturazione delle prime frasi. Ripetizioni di parole, di sillabe, di frasi intere, esitazioni, prolungamenti, riformulazioni della frase, sono fenomeni frequenti nelle fasi iniziali del linguaggio.

È terapeuticamente importante costituire precocemente delle situazioni di stimolo e di contenimento delle disfluenze (sia da parte dei genitori che da esperti riguardo la relazione e l'approccio al disturbo), affinché il disturbo (nella fase iniziale) non si fissi e cronicizzi nel tempo. È necessario, da un punto di vista prevenentivo, alleggerire l'interesse verso il parlare valorizzando altre forme di comunicazione, più libere ed immediate.

È necessario per un genitore spostare l'attenzione sul "cosa dice" piuttosto che al "come lo pronuncia", rasserenandosi internamente, senza inutili e dannosi tentativi di calmare il bambino, invitandolo a respirare o ad esempio ad andare più lentamente. Deve sempre essere rispettato il "tempo" del bambino, anche e, sottolineo, soprattutto durante la sua esitazione e la sua difficoltà. Tenga presente queste indicazioni, queste prudenze linguistiche d'approccio per contenere i blocchi verbali e il vs. sentimento d'impotenza, al fine di facilitare e promuovere il livello globale della comunicazione:

Utilizzare un linguaggio facile, semplice, morbido, rallentato in presenza del bambino, offrendo un "modello" verbale ed articolare chiaro e preciso, in particolare dopo aver ascoltato la difficoltà del bambino, senza scadere nell'artificiosità e "stranezza". Modellare l'eloquio in modo disteso, consigliando la stessa modalità agli altri membri della famiglia. Per stimolare il bambino al raggiungimento della fluidità utilizzare un livello di comunicazione meno complesso ed articolato, privilegiando un vocabolario elementare e frasi corte.

Non interrompere, anticipare le frasi o finire il discorso di un bambino che balbetta. Nella conversazione rispettare i "turni" d'inserimento verbale e non sovrapporsi mentre si parla. Attendere che termini la sua frase e il suo discorso con disponibilità e attenzione. Prendere la consuetudine di commentare singole situazioni o momenti del fare (discorso parallelo), piuttosto che porre frequenti domande che affaticano il bambino. Durante i momenti o le giornate di maggiore difficoltà verbale offrire al bambino le più ampie occasioni di linguaggio e la possibilità di parlare liberamente stimolato da percorsi ludici a lui particolarmente interessanti e gradevoli.

Organizzate percorsi e momenti di attività non-verbali, di costruzione, ecc., che possano "scaricare" ed alleggerire la tensione verbale, valorizzando forme comunicative alternative. Evitare "competizioni verbali" quali ad esempio obbligare a raccontare eventi ad amici o parenti, al fine di limitare e contenere la "pressione" del livello di costruzione verbale del bambino. Non evidenziare al bambino le sue difficoltà verbali.

Non invitatelo alla "calma", a "prendere il fiato", "a parlare lentamente", ad "aprire di più la bocca", a "rallentare", a "pensare a quello che deve dire". Cos' facendo, infatti, si comunica la sua "diversità", si comunicano forti livelli d'ansia che appartengono all'adulto ma non al bambino che "vive la difficoltà" ma non la "prova" ancora. Il bambino potrebbe equivocare la natura dello stimolo interpretandolo come un rimprovero riguardo la sua incapacità a parlare come gli altri.

Se il bambino vi sottolinea la sua difficoltà verbale, presentategli il fatto che tutte le persone hanno difficoltà ed esitazioni verbali quando sono stanchi e particolarmente agitati. Per voi genitori è importante considerare evolutivamente la difficoltà presente, sdrammatizzando, accogliendo con tranquillità la comunicazione del bambino, per quanto questa sia soggetta a tonicità (blocchi e arresti) o ripetizioni.

Una balbuzie primaria, apparente e transitoria, è tipica dell'età infantile, costituita da fisiologiche e normali disfluenze e da intermittenti esitazioni e ripetizioni sillabiche iniziali. La sua soluzione è spontanea in circa il 60% dei casi dei bambini in età prescolare, e con intervento indiretto dà risultati positivi nella maggior parte dei casi. Sia attenta al linguaggio del suo bambino, ma altresì sia disponibile alla sua comunicazione cogliendone il significato affettivo, il bisogno nascosto dietro anche la fatica del comunicare.

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