Mio figlio è un bambino di due anni ed ha molta paura dei tuoni e dei forti rumori in generale. Noi cerchiamo di tranquillizzarlo abbracciandolo affettuosamente e dicendogli cose rassicuranti. Vorremmo sapere come comportarci al meglio.

La paura si impara! La capacità di classificare uno stimolo come pericoloso (e quindi la capacità di percepirlo, decifrarlo e classificarlo adeguatamente) è evidentemente frutto di anni di esperienze. Per questo, stimoli indifferenti dal punto di vista emotivo in una certa fase dello sviluppo acquistano rilevanza in una fase successiva: la cognizione del pericolo cambia con l'età, e cambia anche la sensazione soggettiva di paura. Effettivamente è frequente che bambini di quest'età abbiano paura di rumori intensi.

Però, quanto influisce l'interpretazione che un adulto può "suggerire" al bambino?

Proviamo ad immaginare insieme una scena: in seguito ad un forte rumore vediamo il bambino sussultare, ci avviciniamo e gli chiediamo premurosamente "Hai avuto paura?" Risposta: si. Ma cosa potrebbe mai dire? Teniamo ben presente che un bambino piccolo (8/24 mesi) ha grosse difficoltà ad esprimere adeguatamente ciò che prova; le sue categorie mentali sono onnicomprensive; opera, necessariamente, per generalizzazioni massicce.

E non possiamo fare affidamento neanche sulla qualità delle sue manifestazioni fisiche, poiché interessanti ricerche in neurofisiologia ci assicurano che l'aumentata attività cardio-respiratoria, la modificazione del sudore, la vasocostrizione periferica (da cui il pallore e il senso del freddo), la dilatazione pupillare ecc., sono reazioni vegetative comuni a tutte le emozioni (pensate alla rabbia o alla gioia) e che il rapporto che hanno con ognuna di esse è un po' quello che lega la febbre alle diverse malattie: segnala ma non distingue (da qui il fondamentale insuccesso della "macchina della verità", che è rivelatrice sostanzialmente solo di una persona labile emotivamente).

E allora il bambino può avere provato soltanto "sorpresa"; la "paura" era invece la nostra (paura che lui si spaventasse e che riportasse chissà che trauma in seguito a quel rumoraccio) e noi gliela abbiamo gentilmente suggerita e passata.

E allora cosa fare con un bimbo pauroso?

Cari genitori, io ho la sensazione, magari mi sbaglio, che voi tendiate ad amplificare troppo le reazioni di paura di vostro figlio. Mi riesce difficile immaginare un bimbo di due anni che non esplori, che non sia incuriosito neanche un po' da ciò che sta capitando: un temporale è per lui un'esperienza nuova, affascinante.

Possibile che fugga sempre, o non siete forse voi a dirgli: vieni in braccio a mamma? Ma anche così, provate ad avvicinarvi con lui alla finestra, e magari raccontategli la deliziosa favoletta che mi disse una bimba di tre anni: "Sono gli angioletti che litigano, quando fanno i tuoni li vediamo". Le risposte emotive si possono modulare, l'educazione è anche questo: se questo bimbo esprimesse la sua ira rompendo tutto ciò che gli capita a tiro, cosa gli direste?

Per ultimo, cari genitori, vi inviterei a pensare a quelle coppie di studiosi che vivono con le famiglie in posti sperduti, alle prese con animali che noi, forse, vediamo solo allo zoo: forse che quei genitori non hanno rischiato l'infarto le prime volte che vedevano il figlioletto cercare di prendere un serpente? Certamente gli avranno anche spiegato come farlo correttamente, senza farsi mordere, ma le prime volte saranno ugualmente state per loro esperienze da brivido.

Ma, ed ecco il mio consiglio per voi, hanno dovuto inghiottire la propria paura pensando al supremo interesse del figlio che, fino a che vivrà lì, dovrà pur imparare a convivere anche con i serpenti, sapendosene difendere senza averne paura: rientra nella logica dell'adattamento. E nella logica dell'adattamento non sempre la fuga, dovuta alla paura, è la miglior risposta comportamentale. E forse, non lo è mai.