Il mio bambino di due anni e mezzo a volte ha questo inspiegabile comportamento: quando piange mi richiama con forza.. "voglio mamma..." ma, appena mi avvicino, mi respinge... "non la voglio mamma…" poi mi allontana e ricomincia di nuovo. Tale comportamento può durare anche più di mezz'ora. A cosa è dovuto questo forte e contemporaneo sentimento attrattivo-repulsivo?

Cara mamma, il comportamento del suo piccolo, che lei dice essere inspiegabile, è davvero naturale a questa età. Sono molti infatti gli indicatori della crescita, specie sociale, che in questo periodo dello sviluppo interagiscono. Verso i due anni, infatti, la prospettiva soggettiva che organizza le esperienze del bambino si apre a nuovi orizzonti di relazione: il piccolo è cioè in grado di distinguere il Sé dagli altri e, per sperimentare ciò, agisce avvicinandosi e allontanandosi dall'altro. Il primo "altro" di riferimento è senza dubbio la figura parentale più vicina che, nel suo caso, è appunto la mamma.

Quando piange la richiama con forza e questo, molto probabilmente, perché in quel momento le sta comunicando qualcosa che diversamente non riesce ad esprimere: non dimentichi che lo sviluppo del linguaggio in questa fase è in piena espansione e pertanto non è difficile che suo figlio abbia (appena prima di quel comportarsi) detto qualcosa che l'adulto non ha compreso.

Il successivo respingerla è legato allo sperimentare, soprattutto sul piano affettivo, la capacità della madre di assecondare il suo comportamento: è una sorta di metterla alla prova, in cui il bimbo delimita i propri confini psicologici ed emotivi. Assecondi questi suoi comportamenti per i primi minuti di manifestazione. Non va invece il fatto che la crisi duri anche più di mezz'ora: è pur vero che i bambini, a questa età, non hanno tempo per le loro esperienze, soprattutto quelle emotivamente intense (la gioia del gioco, il pianto di un capriccio,…), ma la mediazione dell'adulto è importante.

Ogni esperienza del bambino deve gradualmente essere misurata: lo aiuti a calmarsi, dapprima avallando il suo comportamento (hai ragione, piccolo!, ti capisco!,…) poi con serenità, consigliandogli di smettere di piangere (sai! Anche io da piccola…) e perché no, poi, avviare il racconto di una storiella di un animale, di un personaggio che, guarda caso, manifesta lo stesso agire, con una ovvia conclusione positiva, divertente e "calmante".

Spesso i nostri bambini, inoltre, rappresentano lo specchio delle emozioni dei grandi di riferimento: essi imitano atteggiamenti, eventi, emozioni e pertanto quando nella madre, nel padre si presenta un momento di tensione elicitato con comportamenti dicotomici (opposti), è possibile che loro tendano a ripeterli. Anche in questo sperimentano. Qui diventa importante che l'adulto qualifichi questi atteggiamenti di sé come sporadici e non caratterizzati da frequenza elevata, perché il piccolo ne può fare una parte del proprio stile di comunicazione.

Non si dimentichi ancora che a verso i 2/3 anni i bimbi si trovano nella fase dello sviluppo psicomotorio detta del "corpo vissuto", cioè cominciano a esaminare e verificare, in modo ancora globale, la lenta interiorizzazione dei concetti di vicino/lontano, dentro/fuori, sopra/sotto e rispettivamente, se si osservano, essi si muovono vicino a…, corrono lontano da…, entrano ed escono da… una tenda, salgono e scendono da… sedie, si nascondono sotto i tavoli, e tutto questo è caricato di un'emotività forte ed importante per la loro crescita.

Queste significative esperienze di sviluppo vanno osservate dagli adulti, vissute con entusiasmo dai bambini e limitate nel senso del pericolo: così i bambini crescono in uno spazio di libero movimento, non solo fisico, ma anche psicologico ed affettivo.