Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo di gente in gente,
me vedrai seduto su la tua pietra, o fratel mio,
gemendo il fior de' tuoi gentili anni caduto.
La Madre or sol, suo dì tardo traendo,
parla di me col tuo cenere muto: ma io deluse a voi le palme tendo;
e se da lunge i miei tetti saluto, sento gli avversi Numi
e le secrete cure che al viver tuo furon tempesta,
e prego anch'io nel tuo porto quiete.
Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, l'ossa mie rendete allora al petto della madre mesta.
UGO FOSCOLO è il primo grande poeta dell'Ottocento. Nato a Zacinto (Zante), una piccola isola greca del Mar Ionio, nel 1778, da padre veneziano e madre greca, per le vicende storiche e il suo carattere orgoglioso ed energico ebbe una vita difficile e tormentata: per non sottostare al regime austriaco preferì l'esilio, che lo portò a girovagare da un luogo all'altro e a morire nel 1827 in uno squallido sobborgo di Londra. Questo sonetto fu composto nel 1802, in memoria del fratello Giovanni Dionigi, che si uccise per un grosso debito di gioco. Vi domina un tono tragico: il destino del fratello sembra prefigurare quello del Poeta, che nelle tempeste della vita vede nella morte l'unico porto di quiete. Col figlio morto la madre parla del figlio lontano, ricostruendo in un vincolo d'amore la povera famiglia distrutta.