Mio figlio Stefano di dieci anni ha il terrore di restare solo. Dico proprio terrore, anche per una assenza di pochi minuti. E' disposto a subire qualunque cosa, ma non vuole restare solo. E' sempre andato all'asilo e a scuola senza problemi, ma non riesce a superare questa difficoltà. E' un problema solo psicologico?

Le fobie sono caratterizzate da una paura o da una repulsione angosciante, legate alla presenza di un essere o di un oggetto o di una situazione i cui caratteri non giustificano una tale emozione.

Nella teoria psicanalitica la fobia è un sintomo che si sostituisce al sentimento di un grave pericolo interno, frutto di un conflitto incosciente, dovuto a desideri fortemente colpevoli e che alla fine è rimpiazzato da un sentimento di pericolo esterno, che può essere evitato con la fuga o con il rifiuto.

La fobia ha un valore simbolico: questo sintomo acquista carattere patologico quando la fobia, per la sua gravità ed intensità, ha il sopravvento e invade la vita cosciente. La fobia è irreprimibile e tentare di vincerla con la forza conduce a crisi vere e profonde di terrore. E' un sintomo frequente che costella la vita del bambino: per dominare l'angoscia, egli utilizza questo sintomo.

Le fobie più tipiche e ricorrenti sono quelle di separazione: paura della notte e del buio (scomparsa dei genitori), i sogni si colorano di personaggi terrificanti (incubi), paura delle porte aperte, degli insetti, dei cani, di alcuni oggetti come gli aspiratori, la paura della scuola o dei luoghi aperti, o dei luoghi affollati ecc.

Davanti a tutte queste manifestazioni fobiche, per porre una prognosi bisogna valutare se sono davvero patologiche: qualche volta sono banali e passeggere e sono episodi normali e transitori dello sviluppo affettivo del bambino. L'atteggiamento del bambino è normalmente quello di vergognarsi della propria paura, vuole nasconderla, non vuole che se ne parli oppure al contrario la esplicita apertamente cercando sostegno e parole di rassicurazione.

Le fobie non sono capricci e vanno seguite con una giusta terapia perché poi non diventino vere e proprie "ossessioni". I genitori non devono avere un atteggiamento coercitivo e autoritario, che rinforzerebbe l'angoscia; è però anche auspicabile che non mostrino eccessiva tolleranza nei casi in cui la fobia li rassicuri come un alibi al desiderio di possessività e superprotezione.

La terapia è sicuramente psicologica, ma deve essere attuata con la stretta collaborazione tra la famiglia, il pediatra, lo psicologo e in ultimo il bambino.

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