Mia sorella (26 anni) ha contratto la toxoplasmosi tra il terzo ed il quinto mese di gravidanza. Vorrei sapere i rischi che corre il feto sia nel caso abbia anch'esso contratto la malattia sia che non sia ancora successo. Cosa è necessario o consigliabile fare in questo caso? Se decidesse di sottoporsi ad amniocentesi che rischi correrebbero lei ed il feto? Oltre a scoprire se il feto è stato infettato, in caso positivo, sarebbe anche possibile scoprire se e quali danni abbia subito o subirà (tenendo presente che è già stata fatta l'ecografia morfologica e non sono state rilevate malformazioni fisiche)? Essendo al primo parto possono verificarsi problemi ulteriori sia nel presente che per eventuali future gravidanze? Se non ho capito male dalle precedenti vostre risposte, desumo che il feto contragga il virus dopo della madre e comunque rischia il contagio per tutta la durata della gravidanza: quindi, mi chiedo, se fosse accertato che il feto non abbia ancora contratto la malattia al settimo mese, ma comunque continui il rischio di contagio, non è forse consigliabile indurre il parto? Oppure il feto rischia il contagio anche durante il parto? Ed in caso affermativo è possibile stabilire se il contagio è avvenuto prima o durante il parto? Ed in questo ultimo caso è sottoposto agli stessi rischi o sono minori?

In una gestante, a seguito di una infezione da toxoplasmosi in gravidanza ben documentata da esami immunologici, l'infezione fetale avviene nel corso della fase in cui il toxoplasma si trova nel sangue. Si tratta di un periodo limitato nel tempo e non è protratto per tutta la gravidanza.

Si rammenta che:

  • infezione fetale non significa danno fetale, neonatale o infantile;
  • a seguito dell'infezione fetale si possono manifestare quattro possibilità: condizioni cliniche evidenti e gravi (aborto o toxoplasmosi congenita conclamata); condizioni cliniche lievi; sequele tardive (tra cui ipoacusia, deficit intellettivi, infezioni della retina); forme subcliniche senza alcuna sintomatologia.
  • il toxoplasma è un protozoo (e non un virus) e quindi è sensibile alla terapia antibiotica.

Storicamente nelle gestanti "non trattate" sono note due regole generali:

  • la possibilità di infezione fetale aumenta con il progredire della gestazione in cui si è infettata la madre: 17% nel primo trimestre, 45% nel secondo trimestre, 65% nel terzo trimestre;
  • la possibilità che l'infezione fetale dia luogo a manifestazioni gravi è, al contrario, più elevata nelle infezioni precoci che in quelle tardive.

Non appena viene sospettata la toxoplasmosi in gravidanza è raccomandato: iniziare la terapia con spiramicina (3 gr al giorno) o in caso di intolleranza con roxitromicina; mettersi in contatto con un centro specializzato per eseguire intorno alla 20-24esima settimana una diagnosi prenatale sul liquido amniotico (tramite amniocentesi) e/o su sangue del cordone ombelicale del feto (tramite funicolocentesi).

Le tecniche di diagnosi prenatale di toxoplasmosi sono varie e comprendono prove immunologiche, biologiche (inoculazione nel topo) e molecolari (indagine sul DNA del toxoplasma). Il rischio che il feto possa andare incontro ad aborto entro una settimana in seguito ad amniocentesi è stimabile intorno allo 0,5-1%, quello in seguito a funicolocentesi intorno all'1-2%. Il rischio che il feto risulti "positivo" ossia abbia contratto l'infezione da una madre che ha iniziato la terapia con spiromicina è maggiore nelle settimane intermedie della gravidanza.

Ribadiamo che la presenza di infezione fetale da toxoplasma non implica un danno (evidente nel feto o in seguito nel neonato o bambino). eseguire controlli ecografici per valutare la presenza di segni "gravi" della malattia che eventualmente si è sviluppata. Se la diagnosi prenatale indica la presenza di infezione del feto è utile iniziare nella madre una adeguata terapia contro la toxoplasmosi. Di solito ciò si verifica dopo la 24-30esima settimana di gestazione.

Esistono vari schemi terapeutici di simile efficacia, variabili in base all'età gestazionale del feto. È noto che:

  • il rischio che un feto, la cui madre sia stata trattata con spiramicina, presenti un danno fetale grave (di solito evidente all'ecografia - 70-80% dei casi), è globalmente del 2,6% sul totale dei casi e del 37% su quelli nei quali si era dimostrata un'infezione fetale. Il danno fetale grave, nonostante la terapia, implica quadri di idrocefalo, ritardo mentale, alterazioni neurologiche, convulsioni, epato-splenomegalia;
  • il rischio che un feto (che abbia contratto l'infezione in gravidanza, ma che sia risultato del tutto normale all'ecografia, e che sia stato trattato adeguatamente), presenti qualche problema importante nel periodo neonatale o in seguito è molto basso (inferiore al 5%);
  • il rischio che un neonato-bambino con segni di infezione pre o neonatali presenti dei segni clinici lievi o sequele tardive (infezione della retina, calcificazioni endocraniche) è complessivamente del 12,4% o di poco superiore, di solito tuttavia questi segni non alterano sensibilmente lo sviluppo psico-motorio. Infine al momento della nascita è indispensabile far controllare il neonato in centro specializzato e se necessario iniziare una terapia adeguata, per ridurre l'eventuale danno tardivo dell'infezione da toxoplasma.

Si ricorda che l'infezione da toxoplasmosi in gravidanza conferisce un'immunità permanente e quindi non darà problemi nelle future gravidanze, né alla mamma né al nascituro.

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