“Un aspetto centrale del mio concetto di funzione genitoriale è il fornire una base sicura da cui il bambino o l’adolescente può fare delle sortite nel mondo esterno e al quale può ritornare sapendo che sicuramente sarà il benvenuto e sarà nutrito emotivamente e fisicamente, confortato quando stressato e rassicurato quando spaventato. Essenzialmente questo ruolo concerne l’essere disponibile pronto a rispondere quando chiamato per incoraggiare e forse anche assistere ma ad intervenire solo quando chiaramente necessario”. John Bowlby (1988).
Il gioco è l’attività essenziale dell’infanzia, è un legame indissociabile, è la prima “attività” del bambino. Il gioco è considerato dall’Unesco parte del patrimonio immateriale dell’Umanità (Carta Internazionale del Gioco 2003); diverse associazioni internazionali hanno aderito alla Giornata Mondiale del Gioco che dal 2001 si celebra in tutto il mondo il 28 maggio di ogni anno; l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite riconosce il gioco come diritto di ogni bambino (Conventions on the right of the child. Resolution 44/25 of 20 november 1989).
I bambini di oggi svolgono prevalentemente le loro attività di gioco in ambiti sempre più convenuti: scuola, casa, cameretta, sempre più isolati e tecnologici. Spesso e di buon grado, la tecnologia e in particolare la televisione, sono usate come ‘baby sitter’ con effetti non sempre positivi, al punto che in Australia si è deciso di bandire la tv ai bimbi con età inferiore ai 24 mesi e tempi di fruizione inferiori ad un’ora al giorno per i piccoli fino al quinto anno di età.
La RAI, l’8 agosto 2011, sul canale Rai 2 “TG E… state con Costume”, ha mandato in onda un servizio dal titolo: “Genitori distratti, con i figli non giocano più” (Chiara Prato), in cui emerge che giocare con i propri figli è sempre più difficile e complesso.
A sostenere tale analisi è una ricerca svolta in Gran Bretagna (fonte: Ministero Britannico della famiglia e della scuola) la quale, in rapporto ai modi di agire delle mamme e dei papà, evidenziava che: 1 su 5 non sa che giochi fare, il 33% si annoia mortalmente, 1 su 3 sceglie i videogiochi e il 50 % incolpa il lavoro e il poco tempo. E i bambini?
Sempre secondo tale ricerca, 1 su 2 vorrebbe giocare di più con loro, 1 su 10 si accorge perfettamente che mamma e papà non hanno voglia di farlo, 9 su 10 preferiscono giocare da soli piuttosto che con i videogiochi o stare davanti alla tv e, infine, il 75% dei bambini intervistati preferisce andare al parco o fare giochi tradizionali.
Ma in Italia è così?
Prendiamo come riferimento il “Report 2011 su Infanzia e vita quotidiana” pubblicato dall’ISTAT, Istituto Nazionale di Statistica, in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Il Report 2011 osserva un periodo che va dal 1998 al 2011.
Riporteremo solo alcuni dati ritenuti rilevanti per il tema del presente articolo: come varia la composizione del nucleo familiare, gli strumenti del gioco, le relazioni familiari realizzate tramite il gioco e, infine, dove si gioca.
Sale la quota di minori senza fratelli (dal 23,8% al 25,7%); essenzialmente stabili i minori con un solo fratello (53,1%); duplica il numero di bambini che vivono in nuclei familiari in cui è presente un solo genitore e, infine, è aumentato il numero di minori che vivono in nuclei familiari in cui entrambi i genitori sono occupati (41,5%), rispetto ai nuclei in cui è presente una madre casalinga.
Sul piano tecnologico si è riscontrato soprattutto un notevole aumento dell’uso del cellulare non solo come mezzo per telefonare ma soprattutto come strumento multimediale, è inoltre aumentato l’uso di altre tecnologie quali internet, videogiochi e computer.
Nei bambini più piccoli, 3 - 5 anni, permane la preferenza per i giochi definibili tradizionali; bambole (86,4%) per le bambine e automobili e trenini (77,3%) per i bambini. Nell’ambito delle relazioni familiari, aumenta la percentuale dei figli che giocano con i propri genitori.
Il Report rileva che la percentuale dei bambini che giocano con la propria madre passa dal 32,4% al 57,8%, e aumenta anche la percentuale dei bambini che giocano con il proprio padre, passando dal 22,5% al 46,2%. Tali percentuali tendono ad incrementarsi se la ricerca riguarda i giorni festivi passando dal 40,5% al 64,6% per la madre, e dal 39,9% al 60,6% del padre.
Il posto preferito, in particolare per i bambini più piccoli, dove giocare è la casa e con l’aumentare dell’età, i cortili, i giardini, l’oratorio, le parrocchie. Poco frequentate strade e i luoghi ove lavorano i genitori. Come abbiamo visto sono i giorni festivi che permettono ai genitori, in particolare ai padri, di giocare di più con i propri figli.
La piacevole sorpresa riscontrata e che si vuole mettere in evidenza, è l’aumento della percentuale dei genitori che giocano con i propri figli. Ginburg K. R. 2007, afferma: “Il gioco è essenziale allo sviluppo in quanto contribuisce al benessere cognitivo, fisico, sociale e emotivo di bambini e giovani “.
Il gioco tra genitori e figli permette di migliorare la relazione familiare, i genitori possono svolgere delle attività di gioco, anche in assenza di una specifica formazione di base, che producono effetti benefici ai bambini avvalendosi di diversi strumenti facilmente assimilabili, tra cui la Filial Therapy.
Bibliografia
Bowlby J, (1988): “A Secure Base: Parent-Child Attachment and Healthy Human Development.” U.S.A by Basic Book
Ginsburg K. R.(2007): “The importance for play in promoting in healthy child development and mantaining strong parent.child bonds. Americans Academy of Pediatrics, 119(1),182–191.
Prato C. (2011): RAI Radio Televisione Italiana, Rai 2 “TG E…state con Costume”, servizio: “Genitori distratti, con i figli non giocano più”
ISTAT (2011): “Report 2011 su Infanzia e vita quotidiana”
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