Ho una bambina di 16 mesi che recentemente ha contratto una forma asmatica che il nostro pediatra ha diagnosticato di origine allergica (pollini, polveri etc.). Ho letto le risposte precedenti riguardanti l'allergia e sono rimasto confuso su un punto fondamentale: i soggetti predisposti verso l'allergia hanno scritto dentro (geneticamente o altrimenti) a che cosa sono allergici, e quindi si tratta di trovare (per tentativi o con diagnostica) le sostanze incriminate, oppure è vero che l'esposizione, soprattutto precoce, a certe sostanze provoca o facilita la creazione di una situazione allergica che poi magari perdura per tutta la vita? In altre parole, è meglio evitare ogni rischio (per esempio non portando la bambina in campagna alla fioritura ed alla mietitura, quindi praticamente sempre) oppure è sufficiente prendere contromisure rapide non appena si manifestano i sintomi?
Bella domanda, che ci permette di dare una risposta su due livelli: scientifico e pratico. Dal punto di vista scientifico, l'allergia è un modo esagerato di reagire a stimoli e sostanze che alla maggior parte delle persone non creano alcun problema. L'atopia è la predisposizione a sviluppare allergia, cioè uno stato costituzionale (diciamo genetico, anche se con meccanismo non semplice) che prima o poi nella vita porterà il soggetto ad essere allergico. In queste definizioni è contenuta, in fondo, la risposta: un atopico non sa a quali sostanze (pollini, acari della polvere, alimenti, muffe, animali, ecc.) diventerà allergico, né quando lo diventerà, né con che sintomi si manifesterà l'allergia (asma, eczema, orticaria, rino-congiuntivite, colite, shock, ecc.), ma certamente prima o poi qualche problema lo avrà.
Detto questo, il problema si sposta sul piano pratico, con due questioni: come si fa a sapere se un bambino è atopico? se è atopico, come si fa a prevenire l'insorgenza di allergie? Nessuna delle due domande ha ancora una risposta certa. Attualmente si considera a rischio un bambino che nasca da una famiglia di allergici, con probabilità sempre maggiori a seconda che sia allergico uno solo dei genitori o entrambi o anche un fratello. La certezza si ha però soltanto alla comparsa dei primi sintomi, ai quali di solito seguono alcuni accertamenti (prove allergiche) che risolvono il dubbio. Per inciso, la sintomatologia asmatica a 16 mesi potrebbe anche non essere legata ad allergia, ma dipendere da una esagerata sensibilità bronchiale; in questo caso, con il passare degli anni il problema si attenuerà.
Per quanto riguarda la prevenzione, effettivamente si raccomanda di evitare l'esposizione eccessiva agli allergeni (sostanze allergizzanti) più comuni, in quanto più è precoce il contatto, maggiore è il rischio di sensibilizzazione. In questo senso, si tende a ritardare l'introduzione di alcuni alimenti (latte, uovo), a mantenere un ambiente il più possibile libero da acari (materassi, cuscini e coperte in materiale sintetico, uso accurato dell'aspirapolvere, poche suppellettili, ecc.), a non tenere animali in casa. Altro discorso sono i pollini: è evidentemente impossibile evitarli, a meno di confinarsi in casa (cosa assolutamente non raccomandabile). Non dimentichiamo, poi, l'effetto dannoso del fumo di sigaretta (da bandire in casa di un allergico o, peggio ancora, di un asmatico) e degli inquinanti ambientali.
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