1° domanda: volevo sapere se ritenete positivo e soprattutto utile curare i bambini con prodotti omeopatici.

2° domanda: ho due bambini, uno ha quattro anni e l'altro un anno; vorrei sapere se è migliore la cura tradizionale o quella omeopatica.

Con il termine Omeopatia ("dal greco homoios = simile e pathos = male") si definisce una tecnica terapeutica che basa il proprio principio di cura su farmaci capaci di indurre nell'individuo sano la stessa sintomatologia presente nell'individuo malato in esame.
Rientra nella sfera delle cure naturali e fa parte della cosiddetta "medicina alternativa", un termine vago e molto generico, che riassume tutti i metodi di cura che non vengono accettati dalla medicina ufficiale, e che anzi si propongono come "alternativi" ad essa.

Come abbiamo detto l'Omeopatia cura il malato con la stessa sostanza che in un uomo sano è capace di causare i medesimi sintomi che il malato presenta. Ad esempio tutti sanno che l'abuso del caffè provoca insonnia e tachicardia: il medicamento omeopatico a base di caffè, "Coffea", sarà allora il rimedio nel caso il malato presenti stato di insonnia con agitazione e battiti cardiaci accelerati. Un altro esempio è dato da un medicamento omeopatico a base di cipolla, "Allium Cepa ": come noto tagliando una cipolla gli occhi si irritano, lacrimano e ci si soffia il naso, proprio come se si avesse un raffreddore.

L'Allium Cepa sarà perciò il rimedio da usare in caso di raffreddore con irritazione degli occhi e delle vie respiratorie, e con molto scolo dal naso.

L'omeopatia nasce verso la fine del 1700 da un'intuizione del medico tedesco Samuel Hahnemann il quale osservò nei coltivatori della pianta del chinino (un farmaco usato per la terapia della malaria) la comparsa di febbri molto simili a quelle date dalla malaria stessa. Egli formulò allora l’ipotesi che il chinino curasse efficacemente la malaria poiché era un farmaco che, assunto da un soggetto sano, procurava gli stessi sintomi della malaria. Si chiese di conseguenza se fosse possibile curare le malattie con medicamenti che, somministrati all’uomo sano, procuravano gli stessi sintomi. Il medico tedesco iniziò a sperimentare su sé stesso una serie di sostanze provenienti dal regno animale, vegetale e minerale, annotando minuziosamente, per ognuna di esse, i sintomi fisici, psichici ed emotivi che comparivano. Si accorse inoltre che le stesse sostanze che, somministrate allo stato puro, provocavano effetti dannosi per l'organismo, una volta diluite perdevano i loro effetti dannosi e aumentavano la loro capacità curativa. Hahnemann preparò molti rimedi arrivando per alcuni di essi alla 200° diluizione (ricordiamo che una tale diluizione è rappresentata dalla frazione 1/1 seguita da 400 zeri!!). Egli comunque suggerì di usare la 30° diluizione (1/1 seguito da 60 zeri) sia per attuare le sperimentazioni che la terapia, considerando questa diluizione né troppo alta per le malattie acute, né troppo bassa per quelle croniche.

Un altro fattore importante nella preparazione dei vari rimedi venne definito "dinamizzazione": il flacone che conteneva la diluizione che serviva per la preparazione successiva, veniva scosso energicamente. Se non si eseguiva la dinamizzazione non si otteneva alcuna azione terapeutica. La sperimentazione eseguita su volontari sani nell’arco di tempo di circa 200 anni ha permesso di provare circa 2.500 principi attivi ottenuti dal regno animale, vegetale e minerale, individuando la correlazione esistente tra il quadro di sintomi prodotti da ciascuna sostanza e l’insieme dei sintomi del malato, che dalla stessa sostanza verrà indotto a guarire. Da quanto abbiamo detto, si capisce come l’Omeopatia sia realmente una medicina alternativa all’Allopatia ("dal greco allos = diverso e pathos = male "), cioè alla nostra medicina ufficiale, quella, in altre parole, che cura ad esempio il dolore con qualcosa che contrasti il dolore stesso. L'omeopatia viene anche definita come la medicina che cura non la "malattia " ma il "malato": i rimedi che usa servono per stimolare, senza aggredirlo, l’organismo in modo che questi allontani, da solo, la causa del proprio malessere.

Una volta che si è identificato il paziente (e ciò non solo da un punto di vista fisico, ma anche emozionale e temperamentale), il medico omeopata cerca nella banca dati omeopatica il rimedio che maggiormente riproduce il profilo sintomatologico dell’ammalato, in altri termini quello che più gli "somiglia" (principio di similitudine). Lo si prescrive per un determinato periodo di tempo, dopo di che si ricontrolla il paziente, si verificano i cambiamenti, i miglioramenti, e quindi eventualmente si sceglie un nuovo rimedio, più vicino all'attuale situazione, e così fino alla completa guarigione. Di conseguenza non esistono cure uguali per tutti, ma ognuna viene personalizzata ed adattata al singolo, caso per caso.

Ricapitolando i principi alla base della omeopatia sono:

  •  "la legge dei simili" o "il principio di similitudine" per cui una sostanza, proveniente da uno dei tre regni della natura (minerale, vegetale, animale) che è in grado di produrre sintomi tossici, a concentrazione molto inferiore li guarisce
  • il processo di "dinamizzazione" per cui ad ogni successiva diluizione si imprimono alla soluzione forti scosse meccaniche (in termini tecnici, succussioni), allo scopo di attivarla, aumentando l’efficacia del prodotto
  • il mantenimento di tale efficacia a diluizioni cosi alte da rendere impossibile la presenza di una sola molecola nella soluzione; in altre parole viene conservata, per effetto di questa dinamizzazione, una specie di "memoria dell’acqua"
  • i farmaci omeopatici, proprio perché contenenti concentrazioni infinitesimali di una determinata sostanza, non hanno alcuna tossicità, non presentano alcuna controindicazione e non provocano alcun effetto collaterale.

Da tutto ciò che abbiamo detto è evidente che ci troviamo di fronte a due universi apparentemente inconciliabili. Da una parte i medici "ortodossi" che, per accettare una terapia, hanno bisogno di numerose e rigorose conferme, e soprattutto della misurabilità e della ripetibilità dei risultati.

Dall’altra parte i medici omeopati che, in parole povere, affermano: "noi siamo sicuri che qualcosa avviene, non sappiamo perché, non è compito nostro scoprirlo o capirlo, al massimo possiamo intuirlo". A loro favore è uscito un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet nel settembre 1997 il quale ha preso in considerazione retrospettivamente, nelle letteratura medica fino allora pubblicata, 186 sperimentazioni di omeopatia contro placebo in studi randomizzati in doppio cieco (in cui, in altre parole, il farmaco omeopatico o il farmaco placebo venivano assegnati in modo casuale e senza che né il paziente né il medico esaminatore fossero a conoscenza di quale dei due farmaci venissero somministrati) in diverse situazioni cliniche (malattie allergiche, dolori muscolari, cefalea, patologie delle vie respiratorie, malattie dermatologiche, patologie allergiche ed altre ancora).

Di questi 186 lavori, 89 sono stati considerati ammissibili per uno studio obiettivo e di questi 89, 56 sono risultati favorevoli al trattamento omeopatico. La conclusione è stata che i risultati di questi studi erano incompatibili con l’ipotesi secondo cui i successi clinici dell’omeopatia sono esclusivamente dovuti all’effetto placebo. Come dice il Prof. Panizon (uno dei padri della Pediatria italiana), << lo spazio della omeopatia, e in genere delle medicine alternative, è quello della "naturale capacità di guarigione": lo spazio, cioè, di quelle malattie, di quei malesseri, che hanno la loro radice nella costituzione, nel vissuto, e forse nell’autoinganno o nell’autoconvincimento. Questo spazio è anche quello della medicina orientata sulla persona e della medicina psicosomatica: è lo spazio in cui operano anche l’effetto placebo, la convinzione di poter aver ragione della malattia, la speranza, il sentimento, tutte cose alle quali crediamo profondamente e senza le quali non riteniamo ci possa essere "vera medicina" >>.

Si può concludere affermando:

  • che l’omeopatia ottiene risultati soprattutto, o secondo alcuni, esclusivamente, in patologie destinate probabilmente a guarire da sole;
  • che la medicina omeopatica è in molti casi indubbiamente efficace, altrimenti non si spiegherebbe il suo successo in Francia, in Germania, nei Paesi Scandinavi ed in Inghilterra (in quest’ultima addirittura viene inclusa tra le prestazioni del Sistema Sanitario Nazionale);
  • che l’effetto placebo non spiega completamente l’eventuale efficacia di un farmaco omeopatico e comunque è difficile che un metodo terapeutico basato sulla pura 'suggestione' sopravviva per ben due secoli, praticato da migliaia di medici, in ambulatori, cliniche e ospedali, su milioni di pazienti in tutto il mondo;
  • che le cure omeopatiche non fanno male essendo come minimo, secondo i suoi detrattori, nient’altro che acqua fresca. Il ricorso all’omeopatia e la conseguente rinuncia alla medicina ufficiale può però ritardare la messa in atto di una terapia valida e quindi provocare l’aggravamento di una situazione clinica;
  • che è molto difficile realizzare in Omeopatia studi sperimentali seri e rigorosi, condotti secondo i crismi della medicina ufficiale, proprio perché ogni paziente ha il proprio rimedio, che può essere diverso per uno stesso sintomo da quello somministrato ad un altro malato. Ciò però impedisce la verifica di due passi metodologici fondamentali:
    1) l’attribuzione dell’effetto osservato (la guarigione) all’intervento (la terapia, e, in questo caso, il farmaco omeopatico)
    2) la generalizzazione, dai casi aneddotici e sporadici (la terapia ha funzionato) all’universalità dei casi (la terapia funziona);
  • che l’omeopatia non va sostituita dalla medicina ufficiale in patologie più importanti come le infezioni e le malattie in generale che necessitano di una terapia antibiotica, i tumori, le patologie soggette ad intervento chirurgico, le malattie che richiedono una terapia sostitutiva (a base di ormoni, di immunoglobuline ecc.) e comunque in tutte quelle patologie provocate da importanti alterazioni dei tessuti o del funzionamento di organi;
  • che la medicina omeopatica non è a buon mercato, perché l’elevato numero di diluizioni e "dinamizzazioni" necessarie per produrre i vari preparati omeopatici, rende gli stessi piuttosto costosi, anche se non è escluso che proprio il costo elevato contribuisca al suo successo;
  • che anche nel campo della omeopatia, come d’altronde in quello della medicina ufficiale, esistono i ciarlatani, gli incompetenti, i truffatori (come ad esempio quelli che aggiungono il cortisone alle soluzioni omeopatiche); che il successo della medicina omeopatica è probabilmente anche la conseguenza della disumanizzazione della medicina ufficiale e della disillusione che nasce da troppe promesse non mantenute e dall’impossibilità di soddisfare tutte le richieste degli ammalati.

Altro su: "Ci si può curare con l'omeopatia?"

Omeopatia e placebo
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