Mia figlia ha due anni e mezzo e, quando aveva 14 mesi, è deceduto il suo papà. Credo non abbia un ricordo del papà, che vede però sempre in foto. A volte le parlo di lui in riferimento a qualche episodio in cui era piccolina o raccontandole di qualche sua particolarità o pregio. Non so bene in che termini affrontare l'argomento e se farlo adesso o attendere che sia lei a farmi delle domande. E pure se ci sono degli atteggiamenti da evitare. Ogni Vostro consiglio in merito è gradito. Mi chiedevo se ci sono dei testi sull'argomento.

Gentile Mamma, dalla sua lettera mi sembra di capire che un dialogo con la sua bambina riguardo all'assenza del padre ci sia già. Certo si sta avvicinando anche il momento più intenso per la sua bambina ed è quello che si riferisce al periodo dei "perché". Mi par di capire che Lei stia già preparando sua figlia a darsi delle risposte, ed esse devono essere serene e veritiere. I bambini hanno l'esigenza di sentirsi tenuti in considerazione e il compito dei genitori, e degli adulti in genere, è quello di aiutarli a comprendere bene i loro sentimenti e ciò a cui tendono le domande che essi propongono in modo che in futuro non permangano "sospesi" che possono compromettere il loro regolare sviluppo.

Con ciò intendo che l'adulto è significativo per il bambino e deve essere in grado di orientarlo a dominare gli impulsi e le reazioni emotive, e in modo che esse siano circoscritte ad un determinato evento e quindi non vadano a invadere e/o disturbare altri campi della sua esistenza. È necessario che fin da piccoli i bambini conoscano anche ciò che è doloroso e che tocca l'ambito familiare; è indispensabile renderli partecipi degli avvenimenti della vita siano essi spiacevoli o tristi, soprattutto se li coinvolgono direttamente. La morte del padre è stato un evento sicuramente doloroso per la sua bambina e forse anche ingiusto se pensiamo che nel processo di crescita di ogni individuo questa figura assume un ruolo indispensabile.

Quando si ama ci si augura che la vita riservi ai propri figli solo felicità e benessere, ma questo fa parte solo dei nostri desideri. Voler bene ai bambini vuol dire prepararli alla vita e con ciò significa non nascondere il dolore che ha colpito la famiglia, nemmeno il proprio dolore di persona adulta. Non si immagini fragile o scomposta nel dimostrare anche le sue emozioni a sua figlia; è molto più probabile che un bambino diventi un adulto responsabile quando già da piccolo abbia avuto la possibilità di comprendere che, oltre alla felicità, esiste anche l'infelicità non solo propria, ma anche di coloro i quali lo hanno guidato nel percorso di crescita.

Mi creda, gentile mamma, anche questo mostrarci con le nostre fragilità è sicuramente un dialogo con i figli all'interno del quale essi possono trovare mille risposte. Se le può interessare può leggere un mio breve elaborato sulla paura della morte e come dialogare su questo argomento con un bambino: lo può rintracciare in www.educare.it tra gli articoli pubblicati.

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