La fibrosi cistica (FC) è la malattia congenita, cronica, evolutiva, trasmessa con meccanismo autosomico recessivo più frequente nella popolazione caucasica: ne è affetto un neonato ogni 2500-2700 nati vivi. La fibrosi cistica è secondaria ad un'anomalia della proteina chiamata CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator) localizzata nella membrana apicale delle cellule degli epiteli; la sua funzione è quella di regolare gli scambi idroelettrolitici.
Il gene che codifica questa proteina è stato localizzato nel 1989 sul braccio lungo del cromosoma 7. All'alterazione della proteina consegue un'anomalia del trasporto di sali che determina principalmente una produzione di secrezioni per così dire "disidratate": il sudore è molto ricco in sodio e cloro, il muco è denso e vischioso e tende ad ostruire i dotti nei quali viene a trovarsi.
La malattia coinvolge numerosi organi ed apparati: l'apparato respiratorio, dalle prime vie aeree al tessuto polmonare, il pancreas nella produzione di enzimi digestivi, il fegato, l'intestino e l'apparato riproduttivo, soprattutto nei maschi. La malattia può manifestarsi precocemente, in età neonatale o nelle prime settimane o mesi di vita, con gravità diversa, in alcuni casi in correlazione a particolari mutazioni geniche. Più raramente la malattia può evidenziarsi nell'età adolescenziale od adulta con quadri clinici meno gravi.
Screening neonatale
Lo screening è un metodo di medicina preventiva, e per programma di screening si intendono quelle attività, organizzate e coordinate, di selezione diagnostica, aventi come obiettivo l'individuazione, tra tutti i soggetti di una comunità, degli individui con un rischio specifico elevato per alcune patologie (screening di massa). Nel 1968 l'OMS ha definito 10 criteri che un programma di screening di massa deve soddisfare per essere avviato, poiché screening non vuol dire diagnosi, ma significa selezione per la diagnosi di soggetti a rischio di malattia.
Lo screening prevede anche il successivo programma di prevenzione e terapia attuato con lo scopo di migliorare lo stato di salute di una definita popolazione. L'esame da effettuare deve essere quanto più possibile sensibile (deve poter individuare il maggior numero possibile di affetti, evitando falsi negativi), e specifico (non deve segnalare come malati soggetti che non lo sono, i cosiddetti falsi positivi). Lo screening neonatale è un intervento sulla popolazione di neonati apparentemente sani, con lo scopo di identificare tutti i neonati affetti da specifiche patologie congenite (ereditarie e non) che, se non trattate tempestivamente, possono avere esiti gravi per lo stato di salute e per la qualità di vita del soggetto affetto. Il risultato di tali programmi di medicina preventiva pubblica è la selezione di soggetti apparentemente asintomatici, che hanno una probabilità di avere la malattia sufficientemente alta da giustificare le successive tappe di conferma diagnostica.
Si tratta quindi di una azione di selezione. Da quando è stata dimostrata nel 1979 la possibilità di utilizzare una minima quantità di sangue raccolta su carta, dried blood samples [gocce di sangue essiccate su carta assorbente (Guthrie card)] per il dosaggio di diverse sostanze, per eseguire analisi nei primi giorni di vita, lo screening neonatale ha avuto uno sviluppo importante per il riconoscimento precoce di neonati affetti da malattie come la fibrosi cistica (FC), la fenilchetonuria o l'ipotiroidismo congenito.
La FC è una malattia che soddisfa ampiamente la maggior parte dei criteri definiti dall'OMS; ha infatti un'incidenza elevata in Italia, è una malattia cronica evolutiva e le alterazioni secondarie al difetto della proteina CFTR insorgono precocemente nell'infanzia. È inoltre ormai indubbia l'efficacia della diagnosi precoce e del precoce trattamento terapeutico presso i Centri specialistici. Nel primo anno di vita possono infatti presentarsi complicanze anche gravi correlate alla FC (anemia, alcalosi metabolica, malnutrizione). Inoltre, la precocità dell'interessamento polmonare è stata recentemente dimostrata, anche in assenza di sintomatologia evidente o di infezione respiratoria documentata. La malattia può avere manifestazioni precocissime, alcune sintomatiche ed evidenti, altre non manifeste, che richiedono un intervento precoce.
La diagnosi in seguito allo screening neonatale avviene in una discreta percentuale di casi in lattanti già sintomatici, ma privi della corretta diagnosi, ma in questi casi la diagnosi tramite screening porta ad un precocissimo intervento terapeutico che può prevenire più gravi complicanze (nutrizionali, respiratorie, alcalosi metabolica). La disponibilità attuale di terapie efficaci che rallentano la progressione della malattia ha fatto sentire ancora maggiore la necessità di una diagnosi precoce per poter intervenire tempestivamente nel tentativo di preservare quanto più possibile la funzionalità degli organi colpiti.
I benefici dimostrati di uno screening neonatale per la FC, derivanti da una migliore qualità dell'assistenza interdisciplinare, grazie al riferimento precoce dei pazienti presso i Centri di Riferimento offrono la possibilità di modificare la storia naturale della malattia, consentendo una migliore crescita staturo-ponderale con la prevenzione della malnutrizione, una minore gravità della pneumopatia cronica, una riduzione della mortalità riuscendo a prevenire i decessi di piccoli pazienti non diagnosticati, la possibilità della consulenza genetica per la famiglia con un figlio affetto, la possibilità di avviare studi in merito a nuovi approcci terapeutici.
Da un punto di vista strettamente economico alcuni studi internazionali sembrano dimostrare che lo screening neonatale riduce i costi per pervenire ad una corretta definizione diagnostica, e nonostante un modesto aumento dei costi assistenziali a breve termine, a lungo termine si ha una riduzione complessiva di quelli legati alle ospedalizzazioni.
I programmi di screening attualmente in uso si basano sul riscontro di una persistente ipertripsinemia nelle prime settimane di vita nel soggetto FC, e prevedono un primo prelievo in 3° giornata di vita, seguito dall'esecuzione di una seconda determinazione in tutti quei soggetti con un valore superiore al limite considerato normale.
Il test di controllo viene eseguito entro una determinata età (25-35 giorni). Se anche al secondo prelievo si conferma un valore di tripsina elevato il neonato viene selezionato per l'accertamento diagnostico definitivo mediante l'esecuzione del test del sudore presso il Centro di Riferimento collegato al Laboratorio di Screening neonatale.
Un miglioramento del programma di screening prevede l'analisi molecolare per la ricerca di una o più mutazioni del gene FC in tutti i campioni raccolti in 3° giornata con valori di tripsina alterata. In questo caso si ha l'individuazione molto precoce e il riferimento al Centro Regionale di follow-up dei soggetti FC omozigoti per le mutazioni studiate, senza necessità di ulteriori accertamenti, di solito entro la terza settimana di vita. I soggetti eterozigoti per le mutazioni studiate vengono inviati direttamente al test del sudore senza l'esecuzione del secondo prelievo.
Se non vengono identificate mutazioni del gene CFTR, può essere utile sottoporre al secondo prelievo di richiamo o inviare al test del sudore quei neonati che in 3°-5° giornata di vita avessero presentato una tripsina particolarmente elevata, per non correre il rischio di non selezionare pazienti con mutazioni rare del gene CFTR. Con l'introduzione dello studio molecolare si individuano anche neonati portatori sani (carriers) della mutazione individuata.
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