Sono padre di una bimba di tre mesi che, dalla nascita, assume latte artificiale non essendosi adattata alla suzione del seno materno. Mia moglie è un soggetto allergico e, per questo motivo, dalla prima poppata artificiale il pediatra ha consigliato l'uso di un latte ipoallergenico da ricostituire. La bambina cresce regolarmente ma sono evidenti alcune difficolta digestive, visto che a volte, dopo circa quattro ore dall'ultima poppata (quindi in concomitanza con la successiva), ha qualche rigurgito con fuoriuscita di latte, come le fosse "rimasto sullo stomaco". Può dipendere dal tipo di latte? Inoltre, come si può determinare se la bambina ha effettivamente bisogno di un latte ipoallergenico ?
Prima di rispondere alla sua domanda, occorre fare due premesse.
Uno. E' vero che i figli di un genitore allergico (o, peggio, entrambi) sono a rischio di sviluppare essi stessi una allergia. Questa condizione si chiama atopia, cioè predisposizione all'allergia. Per questo motivo, si raccomanda una serie di misure preventive, sperando, se non di evitare, almeno di ritardare l'eventuale insorgenza di disturbi di tipo allergico nel bambino.
Due. Nel caso del latte vaccino, l'allergia è rivolta verso le proteine del latte.
Per questo motivo, nel produrre un latte per allergici, si possono seguire due strade:
- utilizzare proteine di provenienza diversa dal latte vaccino (ad esempio, quelle della soia)
- frantumare le proteine vaccine fino a renderle innocue (o quasi, perchè una reazione è comunque possibile) dal punto di vista allergico.
Questa seconda opzione si realizza mediante la cosiddetta idrolisi, un procedimento chimico che consente di frazionare le proteine del latte in frammenti più o meno piccoli. Se l'idrolisi è "spinta" (e quindi i frammenti sono molto piccoli, al limite dei singoli aminoacidi), il latte si chiama idrolisato; se l'idrolisi è "leggera" (frammenti grossi), il latte si chiama ipoallergenico o HA.
A questo punto possiamo rispondere alla sua domanda: non esiste alcuna dimostrazione scientifica (e quindi, non è vero) che i latti ipoallergenici (cosiddetti HA) servano a prevenire l'insorgenza di allergia, neanche in un bambino a rischio (cioè, con uno o entrambi i genitori allergici). E' stata una splendida teoria, con non banali risvolti commerciali, ma allo stato attuale non ha avuto conferme. Quindi, non si può mai parlare di "bisogno" di un latte ipoallergenico.
I latti ad idrolisi spinta, invece, sono dimostratamente utili, ma solo in caso di allergia manifesta, cioè con sintomi evidenti. d'altra parte, qualche rigurgito, anche a distanza di ore dal pasto, è perfettamente normale e non costituisce un segno di cattiva digestione, soprattutto se la bambina cresce regolarmente. Se è solo questo il motivo per cambiare latte, non è necessario farlo: i latti HA sono infatti latti perfettamente sovrapponibili ai latti adattati e quindi nutrono con altrettanta efficacia.
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