Prima che nasca fisicamente il bambino “nasce” nella mente del genitore quando pensa a come sarà, di che colore avrà gli occhi e i capelli e a chi assomiglierà o a cosa farà da grande... tutte fantasie che i genitori fanno nell’attesa del bambino “reale” e che comprendono i desideri, i bisogni e le aspettative che vengono proiettate sul bambino “immaginato“.

Con la nascita di un bambino la madre entra in una dimensione di pensiero completamente nuova fatta di interrogativi preoccupazioni ed ansie riconducibili ad alcuni temi che improvvisamente diventano prioritari su tutto il resto.

Il primo tema riguarda la preoccupazione sulla propria capacità di occuparsi del bambino in relazione ai suoi bisogni primari: alcune delle domande più frequenti delle neo-mamme ai corsi di preparazione al parto sono proprio: come farò a capire perché piange il mio bambino? E se di notte mentre dormo il bambino smette di respirare? E se non mangia a sufficienza? Saprò essere una buona madre?

Queste domande mettono in luce sia le preoccupazioni relative alla sopravvivenza del bambino sia quelle relative alle proprie capacità. Il bambino appena nato, completamente indifeso e dipendente, pone la neo-mamma in una situazione completamente nuova, carica di responsabilità, alla quale non sempre pensa di poter far fronte.

E’ naturale che questa sensazione di inadeguatezza si manifesti e la ponga davanti ad una serie di dubbi e paure che hanno bisogno di una risposta urgente e rassicurante.

Un altro tema che le mamme si trovano ad affrontare per la prima volta riguarda la loro capacità di entrare in sintonia con gli aspetti più affettivi ed emotivi del bambino in modo che si creino e si stabiliscano quei legami di attaccamento, sicurezza ed affetto che sono le basi grazie alle quali il bambino impara a sua volta a costruire delle relazioni umane soddisfacenti.

Come fare perché si stabilisca questa empatia tra mamma e bambino? Attraverso tutte quelle modalità che caratterizzano il prendersi cura del bambino: cullarlo,accarezzarlo, parlargli dolcemente, massaggiarlo, oltre ovviamente a tutti i momenti in cui vengono soddisfatti i bisogni primari come l’allattamento, il cambio del pannolino, il bagnetto, il momento dell’addormentamento. Anche la voce e il parlare al bambino, sin dalla gravidanza, sono elementi di grande importanza per lo sviluppo della relazione madre-bambino.

Il terzo tema sposta leggermente l’attenzione dal bambino alla madre e riguarda tutta la rete familiare allargata che fungerà da supporto capace di proteggerla dalle esigenze della realtà esterna, permettendole di “dedicarsi“ al suo bambino.

Questo concetto è raffigurato in un bellissimo dipinto di Leonardo Da Vinci che rappresenta Sant'Anna che tiene sulle ginocchia la madonna che a sua volta abbraccia Gesù Bambino. Un tempo questo ruolo era semplicemente e naturalmente svolto dalle figure femminili presenti nelle famiglie allargate, ora il compito è svolto in parte dal padre, in parte dai nonni e in parte da baby sitter.

La relazione madre - bambino così come quella tra la mamma e il papà o quella tra i genitori e le loro famiglie d’origine sono tutte basate sulla capacità di creare relazioni. Tale capacità è stata uno dei principali oggetti di studio della psicologia dello sviluppo che in anni recenti si è concentrata particolarmente sul primo legame affettivo del bambino.

Tale relazione è generalmente chiamata "attaccamento" e può essere definito come un legame di lunga durata, emotivamente significativo, che il bambino sviluppa nei confronti dell’adulto che si prende cura di lui. John Bowlby e Mary Ainsworth, secondo i quali il bambino possiede una predisposizione innata, su base biologica, a sviluppare un legame di attaccamento verso chi si prende cura di lui, hanno formulato la natura e la genesi dell’attaccamento; in particolare Bowlby ne ha individuato quattro fasi:

  • Nella prima fase (0-2 mesi) il bambino mette in atto, all’avvicinarsi di qualsiasi essere umano, una serie di comportamenti sia di orientamento (volgere la testa nella direzione del nuovo arrivato, seguirlo con lo sguardo ) che di segnalazione (il pianto, il sorriso, la lallazione). In questo periodo la discriminazione tra una persona e l’altra è assente o comunque assai limitata: il bambino può smettere di piangere non appena sente la voce o vede il viso di una persona qualsiasi.
  • Nella seconda fase (dai 2 ai 7 mesi) il bambino comincia a distinguere coloro che si prendono cura di lui da tutti gli altri. Ha inizio la sua capacità di discriminare e quindi compaiono reazioni differenziate nei confronti di una o più figure preferenziali. Di conseguenza il bambino, ad esempio, sorride più frequentemente alla vista della madre che a quella di altre persone, oppure smette di piangere solo in braccio alla mamma e non ad un’altra persona.
  • Nella terza fase (tra i 7 mesi e i 2 anni) compaiono diffidenza e timore verso persone non familiari e comportamenti di avvicinamento e di mantenimento del contatto (ad esempio l’aggrapparsi oppure il gattonare dietro alla madre se questa si allontana). Sempre in questa fase i diversi comportamenti si organizzano intorno al bisogno di mantenere una certa vicinanza con la madre.
  • Nella quarta ed ultima fase (dopo i 2 anni) il bambino è impegnato a sviluppare una relazione più complessa con chi si prende cura di lui, comincia ad intuire i sentimenti e le motivazioni della madre e cerca, con i propri, di influenzarne i comportamenti, creando così le premesse per una complessa relazione reciproca che, a partire dalla madre, utilizzerà come modello in tutte le sue relazioni future.

Porsi domande e avere dubbi su questi argomenti è assolutamente legittimo e normale ed è importante sentirsi liberi di chiedere aiuto.

Materiale tratto dal sito web Doctor Home www.doctorhome.eu 
 

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