Mia figlia ha tre anni e mezzo, ed ha frequentato il nido sin dall'età di cinque mesi, sempre fino a luglio compreso. Ora, alla scuola materna, che consta di sei sezioni di cui quattro a "tempo pieno", il "collegio dei docenti" ha optato per un inserimento "graduale" dei bambini, ossia: per tutta la prima settimana una o due ore (secondo la sezione) al giorno, alcune sezioni suddividono i propri bambini in due turni (9-10 e 10,30-11,30); per tutta la seconda settimana dalle 8,30 o 9 alle 11,30; nella terza settimana fino alle 14,30, poi si vedrà. Oggi è il secondo giorno di scuola e mia figlia è già stufa di essere sballottata prima a scuola e poi dalla nonna, mi ha chiesto perché non può rimanere di più a scuola, come mai la mensa è "rotta", perché vado a prenderla così presto a scuola visto che "il lavoro non è finito" (devo tornare di corsa in ufficio!), e che non vuole essere "portata in tanti posti"... Mi chiedo quanto simili modalità di inserimento ("graduale"???) rispondano alle esigenze dei bambini, o anzi non ingigantiscano invece le loro difficoltà di cambiamento d'ambiente!

Mamma, comprendo la difficoltà della sua bambina ad accettare un cambiamento così particolare nell'adeguarsi a ritmi e tempi diversi da quelli a cui precedentemente abituata. Nella fattispecie sua figlia ha già superato quella fase di disagio affettivo legato al distacco dall'ambiente familiare e ciò in virtù del fatto che il suo inserimento precoce, a cinque mesi, è stato funzionale a tutto ciò.

La scuola dovrebbe, nel rispetto di tutti i bambini, tener conto di ogni esigenza, personalizzando pertanto gli interventi: nel caso specifico la possibilità di interessare le attività di alcuni docenti con bambini già frequentanti in precedenza altre scuole o i nidi, in giochi che prevedessero tempi più ampi, avrebbe risposto adeguatamente alle esigenze formative di alcuni alunni.

Tuttavia la difficoltà della piccola nasce anche dal fatto di "sentirsi sballottata prima a scuola e poi dalla nonna", di vedersi "portata in tanti posti" e questo rappresenta un transitorio momento di disorientamento che, da quanto leggo, tenderà ad avere una prossima risoluzione.

Pertanto le consiglio di affrontare serenamente questa fase, anche a casa con la bimba: valorizzi la qualità del tempo scuola più che focalizzarne l'attenzione sulla quantità, le chieda cosa ha realizzato con l'insegnante, quanti amichetti nuovi ha conosciuto, come e con che cosa gioca. La sua serenità sarà quella della piccola e, in questo momento, la sua calma comportamentale, oltre che la spinta all'interesse, all'entusiasmo e alla scoperta della nuova scuola sono fondamentali.

Per quanto concerne l'organizzazione del circolo didattico cui la piccola è iscritta esso risponde all'esigenza della quasi totalità dei bambini che per la prima volta frequentano la scuola dell'infanzia: a riguardo il punto F del Decreto di attuazione del progetto nazionale di sperimentazione ex art.11 D.P.R. n.275/99, trasmesso con la Circolare ministeriale n.102 del 18 settembre 2002, spiega come le istituzioni scolastiche possano sperimentare determinati interventi, anche relativi alla "scansione del tempo scuola in accordo con le indicazioni espresse dalle famiglie, e conseguente rimodulazione dei tempi didattici delle attività".

Sulla scorta di tale indicazione la maggior parte dei docenti della scuola dell'infanzia delibera nel primo Collegio un inserimento graduale dei piccoli perché la scuola, per molti bambini, rappresenta infatti il primo ingresso in società e affettivamente si identifica come il primo luogo del distacco dall'ambiente familiare.

Si pensi che il senso di abbandono qualifica nella maggior parte dei bambini neo-frequentanti il sentimento predominante l'esperienza dei primi mesi di vita scolastica.

I docenti operano quindi nell'attenzione al tempo come primo contenitore dell'esperienza didattica: è pur vero che se da un lato ciò significa predisporre e proporre una gradualità di inserimento per le esigenze di molti bambini, dall'altro significa l'attenzione a scandire tempi e spazi scuola anche per i pochi piccoli che già hanno vissuto una esperienza simile, della quale quella presente rappresenta una continuità emotiva, relazionale e psicologica.

Le istituzioni scolastiche attivano modalità di accoglienza che, in risposta anche all'iscrizione anticipata dei bambini di due anni e mezzo (Riforma Moratti del marzo 2003), promuovono l'ingresso in un ambiente quanto più possibile sereno, stimolante e soprattutto rassicurante dal punto di vista affettivo e relazionale.

Per i bambini infatti lo spazio scuola e il tempo non sono gli stessi vissuti fino a quel momento e, soprattutto, non sono gli stessi di quelli di noi adulti: la distanza casa/scuola è caricata di forti emozioni, il tempo è percorso dalla rassicurazione costante del maestro/della maestra che mamma e papà torneranno a prenderli per riportarli a casa, in alcuni addirittura un sentimento nostalgico sottende un senso di colpa che li fa vivere la scuola come il luogo di punizione dove stare perché a casa si è stati monelli.

Per tutti i bambini è quindi complesso l'ingresso nella scuola dell'infanzia, proprio perché rappresenta in generale uno dei primi momenti di crescita sociale, relazionale ed emotiva. Sono questi solo pochi esempi di quanto sia significativa la sensibilità del bambino piccolo al cambiamento e di quanto, pertanto, gli insegnanti lavorino per aiutarli ad amare,  ad accettare e a condividere il mondo scolastico: a scuola infatti i bimbi imparano, con la regia attenta dei docenti, a relazionarsi col diverso da sé, a maturare la propria identità, a conquistare nuove e stimolanti forme di autonomia, a sviluppare competenze attraverso la molteplicità di codici linguistici, corporei, musicali, mass-mediali, logici, presentati dai piani dell'offerta formativa-educativa.

Ed in queste esperienze, dopo la fase di accoglienza/osservazione, i docenti garantiscono al piccolo fruitore attivo e alla sua famiglia la risposta adeguata ai bisogni formativi con modalità personalizzate.

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