Sara ha tre anni a mezzo e da circa uno non vuole più fare i suoi bisogni, soprattutto la "cacca". Passa le giornate agli angoli della casa e della scuola stringendo il sederino e quando siamo a casa ci disperiamo intorno a lei per fargliela fare. Abbiamo provato con tutti i mezzi, buoni, repressivi, con dolcezza e con autorità. Niente: ogni volta è la stessa storia. Tutto è iniziato quando dopo un periodo di malattia è stata per un po' stitica e si provocò delle piccole piaghette sul retto, poiché i suoi escrementi erano divenuti un piccolo tappo durissimo. Per un periodo pensammo anche a qualcosa di peggio, ma portandola dal nostro pediatra, verificò che non c'era nulla di preoccupante, solo qualche piccola ferita tipo emorroidi che curammo ammorbidendo, con prodotti a base di lattulosio, i suoi escrementi e curando le piaghe con medicamenti cicatrizzanti. Il pediatra però ci ordinò di farle fare assolutamente i suoi bisogni, pena l'aggravamento della situazione. Da allora, forse memore del dolore, non riusciamo più a farle fare i suoi bisogni. Ogni volta è una disperazione. Abbiamo provato con clisterini, "perette", camomille, ma nulla. Premetto che vogliamo molto bene alla bambina, per cui la bambina è coperta da coccole e qualsiasi altro le possa servire per migliorare la situazione. Ogni volta che la vediamo così corriamo vicino a lei incitandola. Ma non otteniamo nulla. Quello che chiedo è di sapere quale sia in questo caso il metodo migliore (se esiste) per agire. Mi rendo conto che non è facile dare un giudizio senza sapere nulla di lei, ma se potete datemi un consiglio su cosa fare.
La stipsi di cui soffre sua figlia è molto probabilmente di natura funzionale, intendendo con questo termine una stitichezza non dovuta a cause organiche (la più frequente delle quali è la malattia di Hirschsprung o megacolon congenito in cui è assente, nella parte terminale dell'intestino, l’innervazione che permette i movimenti peristaltici necessari a sospingere le feci verso l’apertura anale), bensì a motivi di natura non anatomica.
Numerose sono le cause che contribuiscono all’instaurarsi di una stipsi cronica: la presenza di ragadi anali che, provocando dolore al momento dell'evacuazione, spingono il bambino a trattenere le feci; stress emotivi come la nascita di un fratellino o un’educazione all’uso del vasino coercitiva; malattie banali che, provocando febbre, anoressia o vomito, causano una lieve disidratazione e la conseguente stipsi; il normale sviluppo psicologico del bambino che, verso i due anni di vita, inizia una graduale acquisizione del controllo cosciente sulla defecazione.
L’evacuazione può venire percepita come la perdita di parti di sé, e diventare quindi un avvenimento angosciante, da evitare o perlomeno da ritardare il più possibile. La terapia va indirizzata a "rieducare" il retto ad una normale sensibilità ed a ristabilire un normale rapporto con l’atto della defecazione da parte del bambino. Essa si compone di tre diverse fasi da condursi però contemporaneamente:
- rimozione dell'ingombro fecale con 1-2 clisteri al giorno con 200 ml di soluzione fisiologica, da praticarsi lentamente ed a ore fisse, per 5-7 giorni;
- rammollimento delle feci per alcuni mesi usando lattulosio (5-10 grammi al dì con possibilità di incrementare gradualmente la dose) e aumentando l’apporto di fibre con la dieta (all’inizio 20-30 grammi al giorno di crusca, da sostituirsi poi con frutta, verdura, legumi, cereali integrali; somministrare in abbondanza liquidi e offrire spesso succhi di frutta naturali, in particolare di mela, pera e prugna);
- educazione all’evacuazione con sedute quotidiane sul vasino, ad ore fisse, in particolare sfruttando il riflesso gastro-colico presente un’ora dopo il pasto, lodando e premiando il piccolo per i suoi successi e ignorando, per quanto possibile, gli insuccessi.
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