Un ragazzo di 14 anni ha ricevuto la prima dose di vaccino contro la varicella. Circa 80 giorni dopo entra in contatto con un bambino che sta sviluppando la malattia. Interrompe i rapporti non appena appaiono le prime macchie. Il giorno dopo assume la seconda dose di vaccino. Mi chiedo: 1) la sola prima dose del vaccino ha potuto proteggerlo in qualche modo dal contagio? 2) l'aver ricevuto la seconda dose entro 30 ore dalla comparsa delle macchie sul bambino malato può aiutare a scongiurare il contagio? 3) è' necessario tenere il ragazzo lontano da persone che non hanno mai contratto la malattina/non sono vaccinate per il periodo in cui potrebbe incubare la malattia o 8-10 giorni dopo il possibile contagio?
La varicella è una malattia infettiva esantematica trasmessa da un virus della famiglia degli Herpes (Herper Zoster). Si tratta di una patologia estremamente contagiosa e la trasmissione avviene per via aerea attraverso un contatto diretto con il soggetto infetto.
La varicella ha un periodo di incubazione di 10-21 giorni, dopo il quale il bambino inizia a presentare i primi sintomi: solitamente febbricola e malessere generale seguiti a distanza d pochi giorni dalla comparsa dell’esantema caratteristico: papule pruriginose (cioè puntini rossi lievemente rilevati) che in poche ore divengono prima vescicole e poi, dopo alcuni giorni, croste.
Il decorso della malattia è nella maggioranza dei casi benigno, anche se ovviamente, come per ogni patologia, possono presentarsi, seppure raramente, delle complicanze. La gravità dei sintomi legati alla varicella è tuttavia maggiore in soggetti di età adolescenziale-adulta, in donne gravide, in neonati ed in persone immunodepresse.
Dopo questa breve nota introduttiva possiamo affrontare il tema del vaccino contro la varicella. Si tratta di un vaccino vivo attenuato e viene somministrato per via sottocutanea. Dovrebbero essere vaccinati adolescenti e giovani adulti non immuni, donne non immuni che lavorino a contatto con bambini o malati, familiari di persone immunodepresse.
Dal 2002 è possibile vaccinare i bambini sopra l’anno di vita e dal 2009 è in commercio in Italia un vaccino tetravalente in associazione a anti morbillo-parotite-rosolia. Il vaccino non deve invece essere effettuato a donne gravide, pazienti con deficit del sistema immunitario per malattie o terapie in atto ed i bambini di età inferiore a 12 mesi.
Lo schema vaccinale prevede una sola somministrazione da un anno di vita a 13 anni e due dosi distanziate di 4-8 settimane (ma qualora passasse più tempo si somministra comunque la seconda dose senza riprendere il ciclo dall’inizio) per soggetti di età superiore ai 13 anni.
Il vaccino è solitamente ben tollerato e conferisce una ottima protezione. In particolare studi hanno dimostrato, in soggetti fra uno e 12 anni, la presenza di anticorpi nel 97% dei bambini dopo la prima somministrazione. In soggetti di età superiore ai 12 anni si è visto che il 78% presenta anticorpi già dopo la prima dose ed il 99% dopo la seconda dose.
Bisogna inoltre ricordare che la somministrazione del vaccino entro tre giorni dal contatto con un soggetto infetto ha un’efficacia protettiva di circa il 90%. Detto questo, per tornare al caso specifico possiamo fare alcune considerazioni.
Il ragazzo aveva già ricevuto una prima dose del vaccino quindi, essendo nella fascia di età oltre i 12 anni, aveva una probabilità del 78% di essere già protetto contro la varicella; se a questa aggiungiamo l’avvenuta somministrazione della seconda dose entro i tre giorni dal contagio, la probabilità che fosse protetto si eleva ulteriormente, come detto, ma la certezza del 100% non può essere ovviamente assicurata.
Per quanto riguarda il comportamento da tenere con le altre persone, non è indicata alcuna restrizione per la frequenza scolastica o di altre collettività da parte di soggetti che abbiano avuto un contatto ravvicinato (familiari e conviventi, compagni di classe...) con persone affette da varicella; nel caso specifico poi il ragazzo aveva ricevuto anche una profilassi.
Si deve tuttavia dire per correttezza che, come spiegato, la protezione non è del 100%, quindi una minima possibilità che sia stato contagiato esiste; pertanto una considerazione differente, a scopo prudenziale potrebbe essere fatta qualora il contatto nei giorni seguenti fosse con soggetti ad alto rischio, quali immunodepressi o neonati.
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