La separazione

“Non lo riconosco più!” “Non è possibile... non è mia figlia” “Le ho regalato un bellissimo libro per ragazzi ed alla sua amica ha detto che sono uno scemo perché potevo regalarle un bel tatuaggio..” “Le dico di tornare dalla discoteca alle 2 di notte e si presenta alle 5 del mattino... ma io la lascio fuori di casa...”

Queste sono alcune delle frasi che ricorrono più frequentemente tra i genitori di un figlio/a che entra nel periodo dell'adolescenza. La frase, apparentemente banale, contiene, in quattro parole, l’essenza del significato e del complesso lavoro che vede implicati genitori e figli nell’era “adolescenza”. Il riconoscimento, infatti, è la base psicologica su cui si sviluppa il processo adolescenziale.

Quale riconoscimento? Di chi? Di che cosa? Ogni processo di crescita dell'uomo si caratterizza per due processi psicologici fondamentali: la separazione e la individuazione. In particolare, il bambino e più tardi l'adolescente avvertono il bisogno di essere indipendenti rispetto al legame con il genitore, anche se ciò non coinvolge il legame affettivo né ai vantaggi quotidiani della vita in casa con mamma che fa tutto.

E' un bisogno consapevole di affermare se stessi, per cui l''adolescente vive questo momento molto più intensamente del bambino piccolo, perché per lui la “separazione” implica il diventare adulto, una evoluzione sociale che dovrebbe renderlo totalmente indipendente dalla famiglia.

Da un lato questo evento può fare molta paura, ma dall'altro è il desiderio costante di tutti i giorni che precedono il 18° compleanno. La spinta verso la fantasticata “libertà” è così forte che il ragazzino, spesso, non è in grado di fare i conti con i problemi che una ”libertà” implica.

Non vedo l'ora di avere 18 anni, poi farò quello che voglio io...”. Si, si, e chi ti mantiene? Tipica risposta ed unica leva di potere nell'illusorio controllo sul figlio/a. “Farò il disc-jokey e mi mantengo da solo” la replica inevitabile per esprimere la voglia di essere separato. Insomma, fino a pochi mesi fa un coccolone sempre ubbidiente, oggi l'adorato figlio/a è un separato in casa.

La voglia di essere grandi è un sentimento necessario e naturale di ogni individuo, perché permette il processo di crescita, facilita l'uscita dalla famiglia originaria per potersene costruire una nuova, la propria, e quindi continuare l'affascinate storia della vita.

E' importante che ci sia questo bisogno di crescere e deve essere riconosciuto come una forza vitale; tuttavia, il ragazzo/a non sempre ha gli strumenti necessari per affrontare questo percorso e proteggersi da possibili pericoli della vita.

Si crea allora una contraddizione tra il bisogno di separarsi e le difficoltà oggettive delle esperienze, caratterizzate da momenti di paura e di pericolo di fronte a situazioni in cui i ragazzini si perdono tra gli stimoli inadeguati di adulti indifferenti e privi di rispetto per la loro giovane età.

I consigli dei genitori che si allarmano di fronte a certi comportamenti del figlio/a sono purtroppo, a volte, un rinforzo negativo che spinge i ragazzi a voler disobbedire, proprio per affermare il concetto di separazione dai genitori e dai loro consigli, anche se giusti.

È arrivata, la tanto temuta crisi adolescenziale: crisi tra genitori e figli, ma anche nei genitori e nei figli stessi. Insomma non risparmia nessuno, nonni compresi. Lo stimolo a separarsi comunque si fa sentire e si manifesta in vari modi.

Nascono, ad esempio, le prime sfide come le richieste di rientrare tardi la sera, le corse in moto o le impennate in pieno traffico. “Prima mi diceva tutto, adesso non parla più, di lui/ lei non so più nulla” “Si chiude in camera sua e non si sa che cosa faccia, esce solo per mangiare.... ma questo non è un albergo...

Tipiche frasi ansiose di una madre che ha bisogno di sapere del figlio/a, perché capisce di avere perso inevitabilmente il giusto e tanto rassicurante controllo su di lui/lei. Una illusione più o meno onnipotente che svanisce in breve tempo, procurando in lei un serio trauma emotivo.

La prima fase della separazione avviene nascondendo le proprie esperienze ai genitori, si ricerca l'amico/a del cuore, con cui si condivide tutto, emozioni pensieri, confidenze, paure, vestiti, colore dei capelli, ecc.

Il rapporto con i genitori si modifica a tal punto che il “bambino o la bambina” non vogliono più assomigliare alla mamma o al papà, non vogliono più “sposare” l'uno o l'altro, anzi iniziano le critiche ad entrambi, la svalutazione dei loro consigli “ma che c...dici....dai sei vecchio...”  non pendono più dalle labbra dei genitori, della nonna, non ascoltano più nessuno.

Quando aprono bocca sembra di essere in una taverna del porto per le parolacce e per la aggressività immotivata con cui si esprimono, altre volte trascorrono giorni in silenzio in cui nemmeno sotto tortura si capisce che cosa li opprime, ma peggio ancora quando si scopre che loro stessi non sanno perché sono così e non c'è un motivo se non quello di essere infelici, di non amare più la vita.

Dopo tre giorni, si presentano frizzanti pieni di voglia di fare, sorridenti ottimisti, amanti della natura, della gente, sconvolgendo la logica della coerenza. Sono improvvisamente affettuosi dopo aver allontanato i genitori ad una distanza di sicurezza, avvisandoli di non avvicinarsi.

Il genitore sperimenta una instabilità di umore del figlio/a che non ha alcuna coerenza o riconoscimento con una problematica reale, è solo vissuta come fosse un temporale che scarica acqua a catinelle, per poi passare e ripresentarsi dopo breve tempo.

La cosa più grave è che spesso non si ha l'ombrello, per cui ci si bagna; cioè i genitori non sanno che cosa fare, non capiscono i motivi di tanta sofferenza, non possono essere di aiuto e diventano spettatori impotenti e confusi di una “tragedia” per fortuna sempre a lieto fine.

Per la prima volta dopo aver lavorato per anni nel calmare il bambino quando era impaurito dai mostri, regolarlo quando era arrabbiato, consigliarlo quando non  sapeva che cosa fare, un genitore si ritrova ad essere un osservatore impotente di un “riccio” chiuso in se stesso che soffre e non vuole farsi aiutare, anzi dice di non sentirsi capito e pure solo.

Una “sconfitta” per quei genitori attenti, impegnati con amore nella crescita del proprio figlio-bambino. I due segnali tuttavia, che meglio esprimono il significato di un “processo di separazione “sono il diario o le chat e la propria cameretta". Il primo ed il secondo sono gli oggetti del desiderio di ogni madre: “Che cosa pensa? Che cosa farà? Chi frequenta? A chi scrive? E' giusto che lo guardi o devo rispettare la sua privacy?

Una domanda che ogni mamma discute a tavolino con il marito o con le amiche, ma che trova una risposta immediata appena si incontra il diario aperto sul comodino della cameretta od il computer acceso. Diciamo la verità: nessuno resiste. Si legge tutto e si piange amaramente nell'aver scoperto cose mai pensate del proprio pargoletto/a. Chi cerca trova, ma poi sono fatti suoi.....

La cameretta è però il segnale più importante. Non è più il posto dove si va a dormire, è un territorio privato, con cunicoli e stanze segrete dove vi sono riposti oggetti strani, lettere appassionate, piccoli regali tenuti come reliquie. Se prima c'era la copertina o il bambolotto da cui il bambino mai si separava, oggi ci sono gingilli, orecchini, magliette, scarpe rotte sempre indossate anche quando nevica.

Una stanza che può essere sistemata solo sotto l'occhio vigile del figlio/a, in cui non si può entrare da soli, una stanza in cui si intravedono grovigli di indumenti abbandonati nei posti più strani, mutande che si confondono con i calzini, magliette che si aggrappano disperate alle abat-jour, pantaloni baldanzosi che camminano da soli. Un mondo alieno che sconvolge e terrorizza le regole dei genitori.

Per ottenere l'ingresso in questo “mondo di pandora” serve un permesso autorizzato, ad esempio la cesta dei vestiti da lavare o l'aspirapolvere, solo allora si può entrare e fare il proprio dovere di madre che lava, stira e prepara la cena.

Per adesso concludo, ma ci sentiamo nella seconda parte: l'individuazione (continua la lettura completa su www.doctorhome.eu)

Altro su: "Il significato di "crisi" in adolescenza"

Ascoltare i figli e dialogare
E' meglio incoraggiare il dialogo e l'ascolto con i propri figli, anziché bloccare la conversazione con un giudizio.
Tu adesso non lo capisci, lo capirai più avanti
E' meglio incoraggiare la comprensione e il buon ragionamento, attraverso il dialogo anziché dire: "adesso non lo capisci, lo capirai più avanti".
Educare i ragazzi a una lettura e ad una comunicazione competente
Alcuni suggerimenti per educare i ragazzi a una lettura e a una comunicazione più competente.
Figli che non parlano con i genitori
Che fare se i figli non vogliono parlare con i genitori? I consigli dell'esperto per creare le situazioni adatte alle conversazioni con i propri figli.
Pubertà precoce
Pubertà precoce significa avere dei segni della pubertà (aumento di volume delle mammelle o dei testicoli) prima dell'epoca normale.
Come facilitare il dialogo in famiglia
Se ci sono difficoltà di comunicazione, se il dialogo in famiglia è un po' arrugginito, è importante cambiare ambiente per sbloccare la situazione.