Sono una mamma di un dolcissimo bimbo di 21 mesi. La mia piccola preoccupazione riguarda il linguaggio perché ho letto in diversi occasioni che è considerato un "segnale di rischio" quando a 18 mesi il bimbo dice meno di 20 parole e a 24 mesi meno di 50. Il mio, dice solo "no", "ya" (sì) e "gnogna" (nonna). Da mamma posso dire che mio figlio dimostra, in più di un'occasione, di essere un gran pigrone e penso che anche il linguaggio non faccia eccezione (anche se noto che capisce tutto). Mi piacerebbe però avere un suo parere al riguardo.

Gentile signora, sentirla definire dolcissimo il suo bambino mi spinge ad affrontare l'argomento in oggetto con tranquillità. Il linguaggio è una funzione molto complessa, estremamente vulnerabile, specialmente in età evolutiva. Le abilità linguistiche, soprattutto nelle prime fasi di sviluppo hanno importanti significati e investono diverse aree dello sviluppo del bambino. È di una complessità estrema la strutturazione di quelle tappe fisiologiche che inaugurano il linguaggio. Il ritardo nell'acquisizione del linguaggio può costituire per il bambino un grave problema di sviluppo, specie se non è identificato in tempo, con un'incidenza in età prescolare che può variare secondo le statistiche tra il 4% e il 15%. Da un punto di vista strettamente epidemiologico la percentuale di bambini con ritardo di linguaggio in età prescolare non si mantiene costante, ma tende a ridursi con l'aumentare dell'età.

Considerare un segnale di rischio il fatto che un bambino a 18 mesi il bimbo dice meno di 20 parole e a 24 mesi meno di 50 è una preoccupazione forse eccessiva, che non conferma la presenza di disarmonie nella maturazione generale. Secondo gli studiosi sembra che la soglia 36 mesi debba essere considerata uno spartiacque particolare nei processi di acquisizione linguistica, una età "limite" tra una variazione normale (o un ritardo transitorio) e un disturbo specifico del linguaggio. Nei piccoli con evoluzione positiva e favorevole infatti risultano, entro questa età, acquisite le regole della grammatica di base, anche se il processo non può considerarsi del tutto concluso.

Ricordo di un bimbo (età 28-30 mesi) che, pur in presenza di un ritardo del linguaggio espressivo, possedeva un livello globale positivo e adeguato sia cognitivo che socio-affettivo. Terapeuticamente ritengo un criterio equilibrato considerare che nei bambini in cui a 30 mesi (circa) non si è ancora verificata la cosiddetta "esplosione del vocabolario" ed il parallelo decollo della combinazione di due parole, ma la comprensione è normale, può essere giustificato mantenere un atteggiamento vigile di attesa senza necessariamente attivare iniziative terapeutiche dirette.

La presenza invece di un deficit di comprensione costituisce una precisa indicazione per una presa in carico diretta del bambino già a partire da un'età precoce. Consideri sempre il lato "psicologico" e motivazionale della comunicazione che può istaurare con il suo bambino, attendendo e valorizzando il potenziale evolutivo sempre evocabile. Offra il tempo e le esperienze quotidiane quale strumento dinamico del processo di crescita.

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