Sono un padre di un bambino di tre anni e mezzo e di una piccolina di otto mesi e sono molto incerto se mandare al nido la bambina più piccola. Potendo scegliere eventualmente di lasciare la bimba da una baby-sitter, è meglio esporla alle numerose malattie che comunque dovrà fare nei primi 36 mesi di vita, quando e' più soggetta a complicanze, oppure aspettare il periodo successivo (alla scuola materna) quando le sopporterà certamente meglio? E ancora, qual'è il vantaggio in termini di socializzazione e di autonomia che riceve il bambino frequentando il nido? Per un bambino dai nove ai 24-30 mesi è meglio avere l'attenzione di un adulto a sua completa disposizione oppure doverla diluire con altri dieci piccolini?
La scelta di mandare all'asilo nido bambini anche molto piccoli è un'esigenza "moderna" derivata dall'impossibilità, generalmente per ragioni lavorative, delle mamme di accudire i loro piccoli in alcune ore della giornata. Ed allora l'alternativa che si prospetta è l'asilo nido oppure una baby-sitter (il risvolto economico di questo tipo di scelta ha spesso una valenza non indifferente).
Non posso rispondere in maniera decisa su quello che sia meglio fare in questi casi, perché evidentemente la situazione individuale gioca un ruolo molto forte. Posso però prospettare quali siano i vantaggi e gli svantaggi legati alla frequenza dell'asilo nido e, più in generale, all'assenza materna per alcune ore della giornata. Ed allora, considerati i quesiti del lettore, la mia risposta si articolerà su due filoni. Il primo è relativo alla suscettibilità alle infezioni da parte del lattante che frequenta l'asilo nido; mentre il secondo riguarda gli eventuali vantaggi derivanti da una socializzazione così precoce.
Asilo nido e suscettibilità alle infezioni
Per quanto concerne il primo aspetto, occorre dire che le capacità difensive del sistema immunitario dei bambini dopo i sei mesi di vita sono praticamente complete. Il sistema immunitario aspecifico è già evoluto nelle prime settimane di vita mentre, per quanto concerne il sistema immunitario specifico (quello dipendente dai T linfociti), esso è pronto già nel neonato; invece quello legato alle immunoglobuline è pienamente funzionante a partire proprio dai sei mesi di vita.
Ovviamente, per il corretto funzionamento, tutto il sistema immunitario necessita dello stimolo da parte degli agenti infettivi per essere attivato. Questo significa che, al primo "incontro", un qualsiasi agente infettivo può generare una condizione di malattia nel bambino, prima che il suo sistema immunitario sia in grado di attivarsi per neutralizzarlo.
Solo ad un successivo contatto con lo stesso patogeno, avendo nel frattempo maturato una sorta di "memoria" immunologica, le difese immunitarie lo riconoscono immediatamente e sono in grado di neutralizzarlo ancor prima che possa determinare la malattia.
È chiaro, quindi, che in questa fase della vita più microbi si incontrano e più alto è il rischio di ammalarsi. E siccome la socializzazione a questa età comporta un formidabile carico antigenico, il risultato è che da una parte si possono verificare con frequenza decisamente elevata patologie (non necessariamente gravi) a carico delle vie respiratorie o gastrointestinali, dall'altro vengono accelerati i processi di "apprendimento Immunologico" ed in definitiva un rafforzamento delle difese immunitarie.
Pertanto, il precoce ingresso all'asilo nido favorisce una maggiore frequenza di infezioni ma accelera la memoria immunologica; viceversa, il tardivo ingresso induce una "memoria" immunologica più tardiva ma espone a minore frequenza di malattia. Il risultato è che il lattante si ammala di più inizialmente ma poi all'epoca della scuola materna (tre anni) si ammalerà di meno rispetto ad un bambino che inizia a frequentare la scuola materna per la prima volta, non avendo frequentato l'asilo nido.
Asilo nido e socializzazione precoce
Se da una parte l'asilo rappresenta, in linea generale, uno stimolo per lo sviluppo di una socialità variegata, capace di stimolare la curiosità e le "esplorazioni" dei piccoli ed in grado, in ultima analisi, di favorirne l'intelligenza, dall'altra occorre considerare che l'ingresso al nido all'età considerata avviene in una fase in cui il contatto con i coetanei non è molto interattivo perché tendono ad ignorarsi a vicenda.
Inoltre, un bambino di nove mesi vive il distacco dalla mamma come una sorta di abbandono non essendo in grado di avvertire la separazione come un momento della sua giornata, e questo vale anche nel caso di affido ad una baby-sitter, anche se la presenza di una persona che è specificamente a lui dedicata attenua più rapidamente le sue paure. Tuttavia il disagio è, in ogni caso, innegabile.
Viceversa alla scuola materna (tre anni) è possibile effettuare un inserimento più graduale evitando l'angoscia di separazione proprio perché, essendo più grandi, i bambini hanno già sperimentato l'allontanamento dalla propria fonte di sicurezza e sono in grado di vivere la separazione materna come un fatto transitorio e non definitivo.
In conclusione, se si considera che l'asilo nido (od il ricorso alla figura della baby-sitter) è una consuetudine propria della civiltà moderna non certo finalizzata a "temprare" il fisico né a migliorare lo sviluppo psico-intellettivo dei bambini ma scaturita dall'esigenza genitoriale di dover affidare i figli per motivi dettati da esigenze lavorative o quant'altro, si comprende bene come occorra pur fare di necessità virtù ed esaltare i lati positivi rispetto ai disagi (che pure sono innegabili).
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