Vi chiedo un giudizio sull'attività del primario della Pediatria di [nome città], che con arrogante insistenza, approfittando della debolezza di madri con figlioli ammalati, confonde le idee sulle ormai indubbie qualità del latte materno a favore del biberon. Parlo anche, e soprattutto per esperienza diretta. Mia figlia di 3 soli mesi ha avuto la sfortuna di avere una grave polmonite, credo ben curata da alcuni medici dello staff. Ma alla visita del primario... nessuna importanza alla malattia e discorso incentrato sull'alimentazione. "La bambina sta mangiando poco"... lo credo, chiunque quando non sta bene è un po' meno affamata. "è anche sfortunata a conoscere solo il seno della madre, che non possiamo controllare come un biberon... per cui da domani, la prendiamo per fame e le insegnamo a mangiare al biberon evitando il seno, o meglio le diamo prima il biberon e poi se ha mangiato dal biberon può attaccarla anche al seno, perché a tre mesi una bambina come la sua dovrebbe mangiare almeno 800 gr. di latte e i 500 gr. che sta prendendo dal seno non sono sufficienti". Ma in realtà il latte nel seno della madre c'è in abbondanza... perché mai dobbiamo rinunciarne. Ma non sa che la bambina non sta bene ed imbottita di antibiotici ha meno fame? Il primario decide che non è vero e se non mangia è colpa del latte materno... "vedrà poi come mangerà dal biberon nel giro di 48 ore"
Ma come si fanno a sostenere certe tesi? Dove si studiano? Ma! avrei altre cose per descrivere l'attività di questo primario: ci sono dei precedenti sempre a riguardo del latte. Ad esempio... dove sta scritto che un bimbo appena nato debba bere il latte dal biberon perché ancora la mamma non ne è fornita? Ebbene lui lo fa. Sto sinceramente dubitando anch'io come qualcuno dice che anche dietro la questione latte artificiale ci siano ancora oggi malgrado i solleciti dell'OMS interessi economici personali a scapito di una PEDIATRIA SANA. PER FAVORE FERMATELO.

Sebbene certamente noi non abbiamo il potere di fermare alcuno, tuttavia la sua appassionata domanda ci fornisce l'opportunità di affrontare un delicato tema di correttezza professionale: il rapporto fra Pediatri e ditte dell'alimentazione infantile.

L'allattamento al seno è preferibile

Per prima cosa, affrontiamo la sua domanda dal punto di vista tecnico, ribadendo la assoluta e indiscutibile superiorità dell'allattamento al seno sul biberon. Non esistono buoni motivi per sostituire il latte della mamma con un latte adattato, eccetto l'assenza di latte materno (ipogalattia) o condizioni particolari di patologia della madre (farmaci particolari, stato di salute compromesso) o del bambino (difficoltà di suzione, ricovero in reparti protetti). Se escludiamo le situazioni particolari, quindi, il problema si riduce ad uno solo: valutare la crescita del bambino. Se cresce bene, significa che il latte c'è e il bambino sta bene; se non cresce, prima di tutto escludere una eventuale malattia del bambino e solo dopo prendere in considerazione l'ipotesi di una mancanza di latte e, quindi, di una eventuale integrazione.

Se il latte della mamma non c'è, meglio il latte adattato di quello vaccino

Il latte adattato non è veleno, ma un bene prezioso, che ha consentito e consente di far crescere in salute i bambini che non hanno la disponibilità del latte materno. Esso va decisamente preferito al latte vaccino, da cui deriva: le sostanziali modifiche della composizione, frutto di anni di ricerche e affinamenti, rendono il latte adattato l'alimento principale del lattante (non alimentato al seno) fino ai 12 mesi di età.

Ci sono interessi in gioco?

Il rischio di interessi privati certamente esiste in qualsiasi attività che comporti interessi economici. Al punto che, nel settore di cui parliamo, una direttiva europea, recepita dall'Italia in una legge, vieta la distribuzione di campioni di latte umanizzato (quello, per capirci, adatto ai neonati fino ai 4 mesi) da parte dei punti nascita ospedalieri, dei consultori e dei medici pediatri. E' ovviamente lasciato all'etica personale (e alla legge, ove si ravvisi un reato), il rispetto delle regole e dei principi.

Per questo motivo, il rapporto fra i Pediatri e le ditte della nutrizione infantile è delicato. La tentazione di un condizionamento prescrittivo può qualche volta mettere in ombra una collaborazione preziosa. Le ditte hanno l'indiscutibile merito di fornire continuamente prodotti sempre migliori, sia per i bambini sani che per quelli affetti da patologie particolari, per le quali adesso disponiamo di latti ed alimenti fondamentali per la terapia e la crescita. Inoltre, le ditte spesso sostengono i costi di iniziative di aggiornamento, di produzione di libri e di organizzazione di congressi. Non è pensabile la negazione di questi aspetti posiviti solo perchè c'è dietro un mercato, con le sue regole di economicità e di redditività.

Allora, come si fa? Ci si attiene alla propria coscienza, all'etica della professione e, soprattutto, al rispetto della "buona pratica medica". In qualsiasi scelta di prescrizione (riguardi essa un latte, un farmaco, una terapia o un esame costoso), nulla si può eccepire al medico quando il suo comportamento rientra nel principi della buona pratica medica, cioè di quell'insieme di regole e raccomandazioni che la comunità scientifica internazionale detta come guida per la professione. Esse sono il frutto di ricerche, di esperienza e di valutazioni etiche ed economiche; certamente tutelano il buon medico che le applica e svelano i comportamenti scorretti di chi le disattende.

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